Ci siamo. Ci sono voluti ventun anni, e a dirlo tremano i polsi, ma ci siamo. Di anni io ne avevo nove quando il Napoli giocò l’ultima partita di quella che allora si chiamava Coppa dei Campioni, ed era giocata solo dai primi in classifica: uscimmo contro lo Spartak Mosca, agli ottavi. Di quella partita non ricordo molto, mentre ricordo meglio Napoli-Real Madrid del 30 settembre 1987, se non altro perché ero allo stadio con mio padre… e con altre 82.000 persone. Quando riguardo il video di quella partita su Youtube, mi sembra un altro mondo. Ovviamente, del campo non vidi nulla, ero pur sempre un bambino di sei anni, dell’altezza di un bambino di sei anni.
E oggi mi ritrovo, a trent’anni, a vivere in prima persona, stavolta in piena coscienza – e per di più da fondatore del Napoli Club locale – l’enorme emozione del ritorno tra le grandi d’Europa.
C’è stata la caduta, con la prima retrocessione, poi la seconda e il fallimento, e l’unica mia memoria visiva europea per molti anni è stata la scialba partita persa con l’Eintracht di Francoforte, ottavi di finale di Coppa Uefa 1994. Dopotutto, questo traguardo della Champions, come tifosi, ce lo siamo meritati.
I Citizens ci tengono quanto noi a fare bella figura sul palcoscenico principale dell’Europa del calcio, e avremo contro anche il tempo, che qui sa essere grigio e piovoso come in pochi altri posti al mondo, per non parlare dell’insolito, fortissimo vento di questi giorni. Ma noi abbiamo un’arma in più: conosciamo l’avversario. Loro, da quanto mi è parso di capire chiedendo un po’ in giro, non hanno mai sentito parlare del Napoli, dopo Maradona. Ci sottovalutano, temono il Bayern ma non le altre due del girone: ebbene, questa loro supponenza può essere un nostro vantaggio. Parlano di quanti gol segneranno Agüero e Tevez, e anche il rispetto per il Napoli di cui parla Mancini sembra più una frase di circostanza che altro.
Ricordo bene che lo scorso inverno, a Parigi, coi ragazzi del Napoli Club Paris San Gennar, si parlava tra il serio e il faceto della mia migrazione a Manchester, e della visita che mi avrebbero fatto per la partita contro lo United. Ci speravamo, ma ci ridevamo su, come quando uno arriva e dice: “Allora l’anno prossimo ci compriamo Messi” (e nessuno ride). Be’, ci siamo andati vicini. Non è lo United, è il City, ma sempre Manchester è: e poi, scusate, non mi sembra proprio che attualmente il secondo sia meno temibile del primo. Quando oggi sono andato ad accogliere i sangennarini all’aeroporto di Manchester, all’arrivo della squadra abbiamo avuto un ritorno adolescenziale da concerto, di quelli che ti emozioni di fronte al tuo idolo, con la differenza che in questo caso l’idolo era la squadra intera. I giocatori, a partire dai tre Tenori, sembravano tesissimi e, dopo qualche foto di rito, sono andati via alla spicciolata. La concentrazione è massima, e si è visto fin troppo bene.
Qui, nella capitale industriale dell’Inghilterra, oltre ai ragazzi di Parigi, sono arrivati oggi o arriveranno domani anche i napolisti di Madrid, Barcellona, Londra, Zurigo e di mezza Europa. In aereo, in treno, in autobus: se non ci fosse stato altro mezzo sarebbero arrivati anche a piedi. Nonostante la pioggia, nonostante il vento, nonostante il dubbio comportamento della gestione del City riguardo alla questione biglietti, oggi saremo tutti là, all’Ethiad Stadium, chi a tifare con passione nel settore ospiti, chi fantozzianamente costringendosi al silenzio, nel settore dei Citizens. Ma già a da ieri è un crescendo di adrenalina, per le strade di Manchester: per noi e per loro è arrivato il debutto. Un’occasione del genere non la si può perdere. Siamo qui per scrivere la storia.
Roberto Cantoni (presidente Napoli club Manchester)