Le reazioni al week-end calcistico, Napoli-Juventus e il primato dell’Inter, ci ricordano com’è strutturata la narrativa sportiva italiana: si fa sempre fatica a parlare di calcio.
L’ossessione del calciomercato
Lunedì 4 dicembre 2017. Inter, Napoli, Juventus, Roma. Le prime quattro posizioni della Serie A, umori diversi in base al momento: Inter alle stelle, Napoli in difficoltà dopo la prima (!) sconfitta in campionato, Juve in rimonta psicologica e Roma in un momento di calma. Poi ci sarebbe il Milan, che ha pareggiato 2-2 a Benevento ed è lontano dai primi posti in classifica. Eppure è l’emblema del grande morbo che affligge la narrativa sportiva italiana.
È semplice da spiegare, semplicissimo. Ne abbiamo già parlato qui, era il post Nizza-Napoli e nel salottino Mediaset nessuno riusciva a spiegarsi come «una squadra non rafforzata dal mercato potesse dare sensazione di essere migliorata». Senza pensare che magari qualcosa, ma giusto qualcosina, possa passare per il lavoro sul campo, per il miglioramento delle qualità che esistono, per l’incastro tra le idee del tecnico e la forza dei calciatori.
Il Milan è l’emblema di questo racconto. Ricorderete l’entusiasmo (dei tifosi, degli analisti) intorno ai rossoneri d’estate. I 240 milioni investiti sul mercato erano una patente per la lotta scudetto, al minimo per un ingresso quasi scontato in Champions.
E se credete che il campo e questo inizio di stagione abbiano insegnato qualcosa, leggetevi l’editoriale di Mario Sconcerti sul Corsera. Riportiamo testualmente: «La novità è un gioco ritrovato, con un centrocampo che Spalletti non ama, vorrebbe un regista, meglio se anche un grande incursore fisico tipo Vidal o Nainggolan. Ma nel tempo si è vista un’anima crescere, gente pigra e incerta aver voglia di diventare squadra. Il piccolo miracolo dell’Inter è che ha continuato a crescere partita dopo partita. Le mancano alcune cose, un Icardi di riserva (la Juve ha Mandzukic), un centrocampista che costruisca davvero accanto a Vecino, un Borja Valero con tutta la partita nei muscoli».
Avere, non essere
È tutta una questione di calciatori che si hanno, dunque. La squadra prima in classifica e imbattuta “manca” di uno o due centrocampisti, di una riserva di Icardi. La celebrazione va sempre a braccetto con l’analisi della rosa, che non serve a spiegare ma resta un’argomentazione a parte su cui costruire una narrativa alternativa. Per esempio, su Goal.com oggi si scrive che «Spalletti è in attesa dei rinforzi del mercato invernale». Nessuno mette in campo veridicità e legittimità di certe osservazioni, facciamo che tutto quanto scritto sia vero e poi chiediamoci: perché? Vogliamo davvero leggere questo? Ci interessa sapere cosa e chi comprerà l’Inter o perché è prima in classifica, com’è arrivata a questo risultato?
Non si tratta più di essere. in campo. Un altro giro orientato sulla Juventus e ti accorgi che la squadra di Allegri ha vinto a Napoli non perché abbia interpretato bene la partita, ma perché «il mercato ora convince (aspettando Bernardeschi».
Napoli
E poi c’è il Napoli, certo. Figurarsi, un luogo calcistico ideale per sbizzarrire l’anima latente del commento sportivo italiano, secondo cui valgono le regole del calciomercato e basta. Oggi Michele Criscitiello scrive del «braccino corto di De Laurentiis», di una squadra «che avrebbe dovuto fare mercato in estate, perché non servivano prime scelte ma ottime alternative». Il Napoli «è corto dietro ma anche avanti», e infatti è sesto/settimo in classifica. A distanze siderali dal primo posto, occupato da una squadra che (leggi sopra) ovviamente va rinforzata.
C’è tanto da leggere, in giro, sul Napoli e su Sarri. Sapete che anche noi del Napolista siamo per una gestione più cerebrale della rosa, l’abbiamo invocata e continuiamo a farlo. Abbiamo anche scritto diverse volte delle nostre perplessità per il mancato acquisto di un portiere e di un terzino destro, anche noi parliamo di mercato ma a un certo punto basta. A un certo punto può bastare. Oppure no, dato che il Napoli è una squadra «per cui si è accesa la spia rossa della riserva. Per continuare a sognare urge fare subito il “pieno” sul mercato a gennaio» (SportMediaset).
Parlare di calcio
Insomma, c’è una discreta e chiara difficoltà rispetto al discorso sul calcio. Che non vuol dire solo gioco o tattica, ma anche testa, psicologia, adattamento a certe partite, a certe situazioni. E invece no, tutto passa per il calciomercato, tutto viene orientato dai soldi spesi in estate (o anche in inverno), dal rendimento dei nuovi acquisti o dalle operazioni che si metteranno in piedi. Per i giornalisti, pensiamo ai tifosi sui social. Da qualche parte abbiamo letto «l’Inter è una squadra completa e competitiva, ha preso Skriniar. Altro che il Napoli con Maksimovic». La bravura dei nerazzurri si riduce a questa operazione, non c’è altro.
Il Napoli ha perso la prima partita in campionato contro la Juventus (la Juventus!) e si parla di panchina corta. Ci sta, è un tema ma non “il” tema. E diremmo e diciamo la stessa cosa per tutte le altre squadre, perché non tutto può e deve ridursi a questo. Si svilisce il lavoro dei tecnici e dei calciatori, in questo modo. È il Milan a spiegarci come vanno le cose: ieri, a Benevento, il nuovo allenatore del club ha schierato sei nuovi acquisti e ha pareggiato con una squadra ferma a zero punti dopo 14 partite. La squadra che ha mosso la classifica per la prima volta schierando, sempre ieri, nove calciatori arrivati in estate. Per la serie: non basta comprare, serve anche altro. Anzi, soprattutto altro. Ce lo dice il campo, ancora: le prime tre squadre in classifica hanno schierato 5 titolari su 33 arrivati dall’ultima sessione di trasferimenti. Può bastare?