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Un sarrista convinto e la due giorni sbagliata del comunicatore Sarri

Sarri in campo, Sarri fuori dal campo: un tecnico e un personaggio meravigliosi che però, a volte, perdono la giusta connessione tra loro.

Un sarrista convinto e la due giorni sbagliata del comunicatore Sarri
Sarri / Photo Ciambelli

Gli articoli di Repubblica

Sono due giorni da Napoli-Juventus, e non si parla d’altro che di lui. Non della squadra azzurra, ma di lui. Di Maurizio Sarri, di come ha preparato, vissuto, commentato la partita.

Questo è il primo campo d’analisi, e da sarrista convinto non può farmi che piacere: c’è un mondo che parla di Sarri, e la prima regola della pubblicità la conoscete. Bene o male non importa, l’importante è che se ne parli. Ho formulato questo pensiero stamattina, rileggendo i due articoli di Repubblica (Mura e Intorcia) sul tecnico del Napoli. Sarri, oggi, è ed è sempre un fatto. Anzi, un fattore. Gioca e crea dibattito, vince e crea dibattito, perde e crea dibattito, parla e crea dibattito. Geniale, secondo me, la frase di Intorcia sull’ecosistema insofferente a tutto ciò che rappresenta Sarri. In campo e fuori.

Anime diverse

Ecco, appunto. Divisione delle situazioni, delle analisi, quindi dei giudizi. Chi legge Il Napolista sa che questo è un giornale che ha molte anime, tutti multiformi e multisfaccettate, e ogni commentatore può (anzi deve) discernere il giudizio critico rispetto a ogni aspetto della realtà. Io copincollo le frasi che scrissi in occasione della nomina di Sarri come Allenatore dell’Anno, la Panchina d’Oro vinta qualche mese fa. Concetti semplici, ridondanti:

Un successo costruito in un certo modo, attraverso un certo percorso: il lavoro sul campo, esclusivamente sul campo.

La Panchina d’Oro a Sarri è meritata proprio per questo. Per tutto questo. Perché se premia – o almeno dovrebbe premiare – “l’allenatore migliore”, è andata a finire nelle mani giuste.

Però, c’è anche altro. C’è quella sua parte di comunicazione che non soddisfa appieno, almeno non sempre, che non ha la giusta influenza.

Il gioco

Torniamo sempre qui. Dividere le valutazioni, separarle. Il campo e l’extracampo, il gioco e i risultati contro la gestione mediatica di sé stesso e degli eventi.

Secondo il primo punto di vista, le possibilità sono due: guardare la classifica attuale (e i punti fatti dall’arrivo a Napoli) o guardare il gioco del Napoli. Da qualsiasi punto di osservazione, difficile chiedere di più o di meglio a Sarri – rimanendo razionali. Perché è difficile chiedere di più o di meglio a questa squadra. Secondo il mio (modesto) parere, il Napoli non ha alternative rispetto a sé perché non può averle. Non è una questione economica, o almeno non solo. È questione di identità, un’identità che è stata scelta nel momento in cui si sono messi insieme l’organico che c’era e il tecnico che è arrivato.

Il Napoli è un prodotto

Il Napoli non è un prodotto volutamente estetico, ma è estetico perché non può essere altro. Perché Callejon, Hamsik, Insigne, Mertene, Jorginho e Koulibaly giocano a calcio in un certo modo, corrono in un certo modo, ragionano in un certo modo. Un modo imposto dal e nel sistema, certo, ma che in questo sistema ha trovato esaltazione totale. Torniamo al punto precedente: i punti fatti, la classifica, i riscontri.

Mi pare un discorso talmente logico da essere banale, che si può spiegare solo con una domanda (ovviamente retorica, perché non c’è controprova): pensate che gli stessi uomini utilizzati in modo diverso avrebbero potuto rendere di più? Su, rispondete.

Poi, ovviamente, tutto è opinabile. C’è chi gradirebbe una maggior rotazione, chi preferisce un camaleontismo reattivo, chi giocherebbe su sviluppi piuttosto che su principi di gioco. Il calcio è bello perché è vario, nella ricezione e nel giudizio. Ma il Napoli che abbiamo ammirato e che ha vinto un certo numero di partite è figlio dei pregi e dei difetti del suo allenatore. Che sono pregi e difetti condivisi con i calciatori, se non addirittura indotti dalle loro caratteristiche. E con chi ha assemblato quest’organico.

A sostegno di questa tesi c’è un ultimo non-dato, esprsesso con un’altra domanda retorica: se ogni squadra potesse giocare a calcio secondo un solo metodo, quello vincente, esisterebbero differenze concettuali tra i vari allenatori, oppure tra due edizioni diverse degli stessi allenatori? Voi credete davvero che il Napoli di Sarri giochi in maniera identica all’Empoli di Sarri? 

Ecco, Napoli-Juventus è facilmente spiegabile e spiegata. Il Napoli di Sarri ha perso contro una squadra più forte, e che ha saputo imporre la partita che voleva. Semplice, pulito. Di solito vincono i più forti, è successo anche stavolta.

Fuori dal campo

Secondo campo di giudizio, le parole di Sarri. Qui siamo su un terreno più scivoloso, per me e per lui. Motivo fondamentale: dichiarazioni che, semplicemente, non rispecchiano la realtà. La demistificano, la depotenziano. 

Proprio Sarri, l’uomo che ha fatto del gioco e del collettivo il suo riferimento, parla di calciatori singoli al microfono? Quella su Higuain è un’uscita infelice, perché non c’entra niente con i valori del lavoro di cui lo stesso Sarri si fa portatore. Attraverso la sua squadra, attraverso quanto costruito con e su Dries Mertens, Lorenzo Insigne, Kalidou Koulibaly. I calciatori che hanno fatto upgrade con Sarri. Grazie a Sarri.

Il singolo può vincere sulla squadra, certo che è possibile, l’abbiamo scritto sopra («la Juventus è più forte del Napoli») e lo ripetiamo. Perché Sarri non dovrebbe dirlo? Perché non è questo il suo messaggio. Non potrebbe esserlo. Nessuno non pensa che con Higuain (ma la stessa cosa vale per Piqué, Modric, Pogba o Hazard) il Napoli di Sarri possa essere una squadra migliore. Ma l’allenatore del Napoli non può e non deve dirlo, a maggior ragione se il sostituto del fenomeno che è andato via si è dimostrato (numericamente) alla pari del suo predecessore. A maggior ragione (bis) se questo sostituto è frutto di una tua intuizione, della competenza dell’allenatore.

Nostalgia

Più complesso il discorso sulla nostalgia perenne, sul vecchio calcio che non può più esistere, sulle maglie – quello è puro colore, anzi è proprio colore. Chi scrive è anti-nostalgico di principio, ma non si tratta solo di posizioni individuali, quanto di presa di coscienza della realtà.

Maurizio, il calcio di oggi è questo. Ad alto livello si gioca così, nelle settimane natalizie il Chelsea di Conte giocherà quattro partite in dieci giorni. Senza coppe europee. La Premier è ricca e imbottita di milioni proprio per questo, gli allenatori si lamentano da anni ma le cose non cambiano perché non possono cambiare.

La tua schiettezza anti-contemporanea su alcuni temi è addirittura adorabile per me (si pensi ai campi da gioco effettivamente orrendi), è amore per il gioco, ma a volte è addirittura contraddittoria. Quando parli di nazionali, infatti, distruggi un avamposto nostalgico in favore di un futurismo intelligente. Perché sei molto intelligente, Maurizio, ma sei anche un inguaribile romantico.

Io sono come te – solo che sono nato un poco dopo -, credo che si possa risolvere tutto in campo, col campo, passando dal campo. Purtroppo non funziona così, ma non funziona così perché c’è gente che lavora e specula (me per primo) su quello che sta intorno al campo. Che fa rumore, volume, spessore. Specie quando non vinci le partite.

Da 9 a 10

Ecco, appunto: il Napoli ha perso e non si parla dei (piccoli, risolvibili) problemi di questa squadra, ma di te e di questi tuoi scivoloni. Forse è un bene, togli pressione ai ragazzi ed è quello che vuoi, che vorresti. Però ci siamo anche noi, c’è un sistema di ricezione del calcio che non meriterebbe considerazione ma purtroppo reagisce alle tue parole. Le interpreta, le stravolge, le lega indissolubilmente al campo. Se Sarri è “provinciale”, ovviamente è una cazzata, lo diventa ancor di più per quello che dice.

Maurizio, come scrissi dopo la Panchina d’Oro. Ti critico per amore. Perché sei, siamo a tanto così. Hai commesso e continuerai a commettere errori, succede a tutti e nessuno. Ma hai fatto anche un lavoro strepitoso, hai portato il Napoli e te stesso fino a 9/10. Per arrivare a 10 ci vogliono i dettagli. Cresciamo ancora, insieme. Che sappiamo come si fa.

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