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Dietro l’88 di Inler c’è Dossena. Eppure Hitler…

Gokhan Inler ha scelto la maglia numero 88. Il centrocampista avrebbe preferito indossare la 8, quella con cui gioca con la nazionale svizzera. Ma ha dovuto rinunciarci: a Napoli è il numero di Andrea Dossena. E così, tanto per non sbagliare, Inler raddoppia. Indosserà l’88, come ha fatto nelle ultime stagioni all’Udinese. Nessun mistero, nessuna polemica. Anche se ieri, subito dopo la presentazione ufficiale con tanto di maschera leonina, qualcuno aveva già gridato allo scandalo. Il ricordo, neppure troppo lontano, era immediatamente tornato a un grande del calcio italiano, Gianluigi Buffon. E alla sua discutissima maglia numero 88.

Era il 2000. Il portiere militava ancora nel Parma. Una sera – si giocava contro il Valencia – scese in campo con il numero 88, suscitando le indignate reazioni della comunità ebraica romana. «L’88 – spiegò Vittorio Pavoncello, uno dei dirigenti della comunità – è il numero che i tedeschi usano per dire “Heil Hitler”. È persino il nome di un locale nazi di Berlino». Il motivo è presto detto: la lettera H è l’ottava dell’alfabeto. E facendo un rapido giro sui siti internet di nostalgici e neonazi non è difficile imbattersi nel saluto in codice. Spesso corredato di svastiche e saluti romani.

Ovviamente il giocatore rifiutò sdegnato ogni accusa. Altro che saluto hitleriano. Quella maglia per lui rappresentava il massimo della virilità: «È l’unico numero con quattro palle», gli attributi necessari per vincere lo scudetto. Altrettanto virile (e inopportuna) la maglia con cui Buffon scese in campo un anno prima, durante il posticipo Parma-Lazio. Quella sera, sulla classica casacca bianca, aveva scritto con un pennarello «Boia chi molla». Anche quel giorno polemiche a non finire. Con il giocatore che si era giustificato assicurando di ignorare la paternità dello slogan mussoliniano. A scendere in campo con quella maglia, raccontò, gliel’aveva suggerito un suo amico. Nessun riferimento politico, quella frase aveva l’unico scopo di spronare la squadra a giocare meglio. La speranza, a Napoli, è che Inler frequenti un altro giro di amici.
Marco Sarti

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