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Sul Napolista la protezione di Carlo Di Nanni

Poiché si parla di Carlo Di Nanni, mio maestro e “protettore”, ecco un mio ricordo dell’Ingegnere, com’era chiamato con laurea accertata. Non era pelato. Ai tempi del giornalismo romantico e del gioco del calcio dei giri di campo e della palla lunga e pedalare, vivevamo un po’ tutti sotto la protezione di Carlo Di Nanni, ingegnere, scapolo a vita dopo una delusione d’amore, arbitro e poi dirigente di calcio, infine giornalista di notevole verve e temutissimo vate al vetriolo. A star fuori dalla sua protezione si correvano dei rischi. Un uomo sempre sorridente che inaugurò la sua fama di “colpitore” il giorno in cui scrisse: “Quando Lustha segnerà, se ne cadrà lo stadio”.Il Napoli aveva acquistato l’attaccante albanese Riza Lustha dalla Juventus, piede piccolo, calzava il 36. Nella Juve aveva segnato molti gol. In maglia azzurra non ne azzeccava uno. Quando finalmente andò a segno contro il Bari al Vomero (27 gennaio 1946), cedette una balaustra dello stadio giusta la profezia di Di Nanni. Vaticinio documentato e perciò ineccepibile.

Da quel giorno, Carlo Di Nanni giocò molto sulla sua temibile fama. Per dirne una, il giorno in cui l’”Andrea Doria” lasciò il porto di Napoli, diretta a New York, Di Nanni era su un vaporetto della Span per una gita a Capri. Disturbato dal dondolio del vaporetto, chiese da che cosa dipendesse. Chi l’accompagnava lo ragguagliò dicendogli che erano le onde mosse dall’”Andrea Doria” che lasciava il golfo per raggiungere l’America. Di Nanni disse semplicemente: “L’America? E chi ha detto che raggiungerà l’America?”. Una settimana dopo, il 25 luglio 1956, il transatlantico italiano affondò in seguito alla collisione con lo “Stockholm” prima di giungere a New York.

Di Nanni possedeva tutte le tessere possibili, e tutte gli venivano fornite in omaggio, perché non aprisse una contestazione pericolosa. Aveva la tessera dei cinema, del San Carlo, dei tram e Ferlaino gli mandava dieci tessere per lo stadio.

L’Ingegnere, come lo chiamavamo tutti prima che il titolo passasse a Ferlaino, si recò al “San Paolo” per la partita del Napoli con lo Swindon Town. Come era solito fare, scherzò col mucchio di tessere che possedeva mostrandone sempre una diversa all’inserviente sulla porta d’ingresso. Gli mostrò prima la tessera del San Carlo e quello gli disse che la tessera non era valida per il calcio. Di Nanni, credendo che l’inserviente volesse stare allo scherzo, gli porse la tessera del tram. L’uomo dell’ingresso gli disse che neanche la nuova tessera era valida per il “San Paolo”. Di Nanni cominciò a innervosirsi. Estrasse un’altra tessera, quella dei cinema, e quando l’inserviente gli oppose il terzo rifiuto esclamò a voce alta: “Ah, è così? Allora vi dico che il Napoli perderà la partita, i tifosi devasteranno lo stadio e l’ingegnere Ferlaino cadrà col suo aereo”. Il triplice anatema fece accorrere Carletto Iuliano, addetto stampa del Napoli, preoccupato soprattutto della incolumità di Ferlaino. “Ma no – disse a Di Nanni, – è stato tutto un equivoco”. E rivolto all’inserviente dell’ingresso: “Ma come, non conosci l’ingegnere Di Nanni?”. Non lo conosceva. E allora Carlo Di Nanni corresse la sua profezia. “Va bene – disse, – non posso ritirare tutto quello che ho detto. Il Napoli perderà la partita e i tifosi metteranno lo stadio a soqquadro, ma l’ingegnere Ferlaino si salverà”. Il Napoli fu battuto dallo Swindon Town e i tifosi distrussero il “San Paolo”. Se ricordiamo bene, l’aereo di Ferlaino cadde, ma lui non era a bordo.

Ossequiato da tutti, Di Nanni dispensava le buone parole, un lasciapassare per evitare guai, e le non buone, foriere di disastri. Aveva nella casa di Materdei, dove viveva con una sorella, un centinaio d’abiti e altrettante cravatte. Non li indossò mai, sempre con lo stesso vestito e sempre con un gran pacco di giornali sotto il braccio. Una sera che Antonio Scotti, capo dei servizi sportivi del “Roma”, gli aveva promesso che l’avrebbe accompagnato a casa appena si fosse liberato dal Comandante, perché Lauro lo chiamava continuamente per parlare del Napoli, e quella sera la chiamata tardava, Di Nanni gli disse: “Tonino, è tardi. Lascia stare il Comandante, andiamocene a casa. Sono felice di provare la tua auto nuova”. Scotti tergiversava perché Lauro era ancora nel suo ufficio alla Flotta e non lo chiamava. A un certo punto, Di Nanni, stanco di aspettare, disse a Scotti: “Ma come, Tonino, siamo ancora qua? Non ti preoccupi dell’auto?”. Passarono pochi minuti e sentimmo un gran fracasso in via Marina sotto la redazione del “Roma”. Ci affacciammo. Un Tir aveva travolto e distrutto l’automobile nuova di Scotti.

Un’altra volta tornavamo in macchina da Roma dopo una partita del Napoli contro la Lazio. Usciti dall’autostrada e imboccata via Foria, il giornalista che era alla guida propose a Di Nanni di fare una scappata al “Roma” per controllare gli articoli inviati. L’ingegnere disse che era stanco e preferiva che si tirasse dritto per Materdei, a casa sua. Tra i due ci fu tutta una pacata trattativa fra Materdei e via Marina. Il giornalista, che era nelle grazie dell’ingegnere, e non ne temeva gli anatema, giunto all’angolo tra via Foria e via Duomo sterzò a sinistra per raggiungere via Marina e passare per il giornale. Non appena svoltato l’angolo, l’auto si spense e si piantò. Di Nanni gli disse: “Vedi che non dovevi svoltare? Ho sonno e voglio andare a casa. Ma ti perdono. E’ cosa da niente. Là c’è una saracinesca. E’ un garage e dentro vi dorme un elettrauto. Bussa, digli che ti manda Di Nanni e quello viene a vedere che cosa è successo. Ma è cosa da niente, stai tranquillo”. L’elettrauto arrivò, sollevò il cofano dell’auto e mise a posto i fili che, staccandosi, avevano lasciato la macchina in panne.

Nella stagione 1950-51 il Napoli acquistò il terzino Renato Tiriticco, un pescarese. Di Nanni scrisse: “Ma dove vai Tiriticco con questo nome che ti ritrovi?”. Tiriticco durò cinque partite in maglia azzurra e di lui non si seppe più nulla.

Un giornalismo d’altri tempi. Arturo Collana, grande e grosso, rossiccio, una camminata alla John Wayne, dominava la redazione sportiva de “Il Giornale” che aveva la sede in via Nardones con vista su Piazza Trieste e Trento. Soleva raccomandare ai suoi cronisti: “Ricordatevi che quando il Napoli perde, la colpa è sempre dell’arbitro o della sfortuna”. Mario Cicelyn, che diventò poi un grande “inviato speciale”, chiamava Collana “signor sceriffo”. Scotti e Gino Palumbo conclusero con un duello una violenta polemica giornalistica. Si sfidarono in canottiera in una campagna di Quarto con le spade in mano. Raccontava Palumbo: “Scotti era dieci anni più giovane di me e dieci centimetri più alto. Lo colpii di striscio, casualmente, a un polso e il duello si concluse”. Era il 1959. Ma Carlo Di Nanni non aveva paragoni. Se ti incontrava e ti chiedeva “come stai?” bisognava essere tra i suoi “protetti” per cavarsela bene.

Mimmo Carratelli

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