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Ci sono biscotti e biscotti, Napoli-Inter non lo era

Habemus Coppam, e forse pure sindacum magistrum. Ma quanta sofferenza. Fin da domenica pomeriggio, a urne aperte, come la porta del Chievo. Le nostre speranze affinchè i veronesi riuscissero a fermare li bianconeri friulani, in modo da trascorrere una piacevole e tranquilla serata di calcio al S.Paolo, erano presto deluse dai gol dell’Udinese. Anzi, a mano a mano che le telecamere indugiavano sui primi piani dei protagonisti in campo, aumentava la sensazione di disagio. Era come quando in questura ti fanno vedere le foto dei delinquenti per individuare i colpevoli di un qualche reato. E che reato. C’erano tutti, da Pellissier a Di Natale, passando per Inler e Moscardelli, non mancavano neanche Rocchi e Rizzoli quarto uomo. Praticamente tutti quelli che dobbiamo ringraziare per averci strappato un sogno, forse troppo grande per noi. Ogni volta che un veronese sbagliava un passaggio dal mio divano partiva una salva di maledizioni accompagnata da apprezzamenti poco lusinghieri nei confronti delle loro congiunte. Hanna perze tutt’a scienza! Contr’a nnuje parevano tanti mastugiorgi. Mò nun s’arreano allerta! Hanno fatto chesta pastetta. O, come dicono le nuove generazioni, il biscotto. Da quelle parti non sono nuovi a confezionare di questi regali ai napoletani. Una volta finirono in serie b perchè tentarono di ammorbidire Gringo Clerici, un’altra volta nella serie cadetta spedirono noi, accordandosi col Parma, il cui presidente era quel galantuomo di Callisto Tanzi, che faceva capo anche alla loro società. Naturalmente sottobanco, perchè non era permesso dal regolamento. Quelli si che erano biscotti, non quello di Napoli-Inter, checchè se ne dica, quella è stata una partita dove le squadre in campo hanno cercato di raggiungere il massimo del risultato per entrambe le contendenti. Magari col minimo sforzo, ma questo non è proibito. Che poi gli interessi compaciassero, è tutto un altro discorso. La definizione esatta di biscotto, o come si diceva una volta pastetta, oppure come dicono quelli che parlano bene, combine, si ha quando una delle due squadre in campo non si impegna abbastanza, per favorire l’altra, magari in danno di un terzo soggetto. Lazio-Inter dell’anno scorso, tanto per intenderci. Pur di scongiurare lo scudetto alla Roma, i bianco-azzurri si fecero battere senza opporre la minima resistenza, incitati in ciò dalla loro stessa tifoseria. Domenica sera invece, all’Inter un punto stava bene, anzi benissimo, perchè li metteva al sicuro da una improbabile, ma pur sempre possibile, rimonta proprio del Napoli per il secondo posto ormai acquisito. Se lo scopo ultimo di ogni incontro agonistico non è finalizzato solo alla vittoria, ma è ottenere il massimo possibile, il pareggio rappresentava per entrambe le squadre in campo, il massimo risultato ottenibile. Perchè rischiare? Il rischio fa parte del gioco, quando ne vale la pena, ma se non serve, rappresenta puro autolesionismo. Quindi è antisportivo. Altrimenti non sarebbe leale passare la palla indietro al portiere sul 3 a 0 invece di continuare ad attaccare. I precedenti illustri non mancano. Durante gli Europei del 2004 Svezia e Danimarca superarono il turno eliminatorio con l’unico risultato utile a qualificarle entrambe. Fu un 2 a 2 che buttò fuori proprio l’Italia, ma avevano ottenuto il raggiungimento dell’obiettivo. Ancora peggio, o meglio, a seconda dei punti di vista, fecero Germania e Austria nei mondiali del 74. L’Austria poteva permettersi di perdere, purchè non subisse più di un gol. Alla Germania serviva assolutamente la vittoria. Perchè rischiare? Finì 1 a 0, con buona pace di tutti. Quando un risultato, ed uno solo, favorisce entrambe le contendenti in campo, siatene certo che alla fine verrà fuori. Ed è giusto che sia così. Diverso è il caso in cui una delle due squadre non ha più obiettivi da raggiungere. Se non si impegna fino in fondo, allora si che viene meno l’etica sportiva. Se Palermo e Catania hanno battuto e inguaiato Samp e Roma, non è perchè i siciliani siano più probi e sportivi dei succitati scandinavi e teutonici, ma solo perchè a loro non serviva un solo punto per raggiungere il loro obiettivo, altrimenti avrebbero tirato i remi in barca sul risultato di parità. Senza rischiare. Tra l’altro penso che domenica a Marassi sia stata scritta una bellissima pagine di sport, con Palombo commosso nell’intento di chiedere scusa ai propri tifosi, e mi sento di fare un plauso a Pinilla per la non esultanza dopo il gol segnato, nel rispetto del dolore degli avversari. Altro che ipocrisie degli ex che segnano alle loro vecchie squadre senza apparentemente festeggiare. Quindi se l’Inter si è accontentata di un punto, non è stato per favorire il Napoli, ma perchè con quel punto raggiungeva matematicamente l’unico obiettivo rimastole, che era il secondo posto, altrimenti rimesso in discussione da un’eventuale quanto improbabile sconfitta. Niente biscotto quindi. Solo convenienza reciproca. Non è stato perpetrato nessun reato. Bruno Vespa rinunci al plastico del S.Paolo alla ricerca di eventuali colpevoli. I protagonisti tutti hanno fatto bene a festeggiare. Quasi tutti. De Laurentis sembrava capitato per caso in una festa di sconosciuti. M’è venuto in mente “Sedotta e Abbandonata” di Germi, quando Don Vicienzo Anzalone non partecipa al matrimonio della figlia. Matrimonio che egli stesso aveva voluto con tutte le sue forze, fino a morirne, ma poi lascia che siano gli altri a godersi la festa. Interpretazione magistrale di Saro Urzì, che alla pari di altri caratteristi italiani, come Giacomo Furia, o Toni Ucci, se fossero nati in America avrebbero lasciato un’impronta indelebile nel cinema mondiale, oltre che nell’asfalto del viale delle stelle ad Hollyvood. A proposito di cinema, se qualche juventino fosse interessato, si cedono a prezzo conveniente, per sopraggiunti improrogabili impegni infrasettimanali, due abbonamenti al cineforum da sfruttare nelle lunghe serate invernali di martedì e mercoledì. Con seguente interessante dibattito in sala.

Un caro saluto a tutti da

PASQUALE DI FENZO

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