Perdonate il ritardo, ma qualcosa sull’articolo del Caudino vorrei dirla. Non so se vi capita mai (a me, praticamente è una vita che capita) di svolgere una determinata azione e allo stesso tempo chiedersi perché la si sta compiendo. Ecco, non dico che questo collegamento neuronico sia avvenuto proprio in contemporanea alla festa del Napolista, però in differita sì. Ci ho pensato anch’io a quei canti su Maradona (tra l’altro avviati proprio da me) e ho fugacemente fatto le stesse riflessioni del Caudino. Ed è per questo che quando mi ha chiamato per dirmelo, gli ho risposto chiedendogli di scrivere. Perché, insomma, è vero che sembriamo un po’ reduci. Diego è Diego, per carità. Ma se neanche una realtà come questa – terzo posto a tre punti dalla prima a otto giornate dal termine – ci appaga allora vuol dire che siamo malati. Che manco ci godiamo la nascita di nostro figlio pensando al grande amore che fu. Grandissimo, per carità. Ma la vita continua. Certo, a parziale discolpa dei napolisti devo anche dire che oggi purtroppo allo stadio di cori veri e propri non ce ne sono. L’unico è quello dedicato a Lavezzi. Che io considero blasfemo, ma almeno vivaddio è un coro. E anche se ho fatto il fesso alla festa, perché in fondo siamo prigionieri dei ruoli che ci ritagliamo, ma ben venga il coretto su Lavezzi. Io ne farei anche uno per Cavani, va bene anche quello mutuato dalla tv, ricordo che lo cantammo a Genova sul calcio d’angolo che portò all’incornata di Hamsik. E che dire del principe slovacco, beh io a lui dedicherei un’opera lirica, si sa.
Sicuramente in questo Napoli c’è meno poesia, non lo metto in dubbio. A partire dal suo presidente. Però è la nostra squadra. Diego è e resterà sempre nei nostri cuori. Ma oggi abbiamo un’altra squadra. E il presente va vissuto. E domenica, in un San Paolo esaurito, il coro su Lavezzi lo canterò anch’io.
Caudino hai ragione, domenica canterò per Lavezzi
Massimiliano Gallo
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