L’applicazione della prova televisiva nel caso Rosi – Lavezzi è, a mio avviso, inammissibile per i seguenti motivi. In primo luogo, tale mezzo di prova troverebbe applicazione nelle ipotesi di condotte sfuggite alla vista dell’arbitro e dei collaboratori (solitamente lontane dallo sviluppo del gioco), laddove, nel caso di specie, il contatto tra i due calciatori veniva sanzionato con un doppio cartellino giallo, determinando un’interruzione nello svolgimento dell’incontro.L’arbitro, inoltre, proprio a seguito della suddetta interruzione e delle proteste dei calciatori della Roma, apprendeva, quantomeno de relato del presunto sputo senza prendere ulteriori provvedimenti.In un precedente analogo, durante i Mondiali ’90, viceversa, ai fini dell’espulsione dell’olandese Rijkaard furono decisive le proteste del tedesco Voeller (anch’egli espulso), il quale mostrò all’arbitro, cui era sfuggito il particolare, i capelli ancora intrisi della saliva dell’avversario.Quanto all’inequivocabilità delle immagini televisive, poi, occorre rilevare che la sequenza, ripresa da una distanza piuttosto lontana, lascia dubbi circa l’effettività della condotta e la relativa scansione temporale degli eventi, della quale si intuisce invero ben poco. In realtà, la sentenza stessa del Giudice sportivo dà adito a numerosi dubbi relativamente a tali profili, costituendo di fatto una conferma a contrario della non evidenza della documentazione televisiva. Infine, rispetto alla legittimità tout court della prova per immagini, si può rilevare che essa dà inevitabilmente luogo a disparità di trattamento, finanche tra incontri della stessa categoria, rappresentando, pertanto, una potenziale minaccia alla regolarità della competizione (Serie A Tim, nella fattispecie). Si pensi, ad esempio, alla diversa copertura di telecamere che ha un derby di Milano rispetto a un incontro casalingo del Brescia (!).
Sergio Longhi (Presidente Azzurra Lex)
Caso Lavezzi
prova tv inammissibile
ilnapolista © riproduzione riservata