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Nulla è perduto, ma il mercato era un’occasione

C’è differenza tra il vivere una sconfitta come quella di ieri oggi e un mese fa. La differenza, manco a dirlo, è data dall’intervenuta conclusione del mercato cosiddetto di riparazione.
Non è certo il perdere una partita fuori casa, peraltro su un campo pessimo e contro un avversario in forma strepitosa e tignoso, che può dare ombra a un campionato eccezionale come quello che gli azzurri stanno portando avanti; anche perché gli altri risultati sembrano scritti dalla mano di Mazzarri e Bigon, per quanto sono stati favorevoli.
Questa è la conferma, bisogna dirlo, di una verità sempre più evidente: questo è il campionato dai valori tecnici più bassi dell’ultimo decennio, e quindi il più bello e combattuto; la Roma che pareggia in casa col Brescia, l’Udinese col Bologna, l’ennesima sconfitta della Juventus contro un Palermo traballante, Milan e Lazio che si accontentano di un punticino a testa. E il rammarico del tifoso azzurro cresce per aver mollato sei punti su sei, tra andata e ritorno, a un Chievo senza stelle e con poco più di una forte determinazione a non retrocedere tra le ambizioni.
Che è successo? Una giornata storta? L’assenza di Lavezzi? Stanchezza? Vertigine da alta classifica? Forse un po’ di tutto questo, certo. Ma forse anche qualcos’altro.
Il calcio non è una scienza esatta, ma tutti dicono sempre che le partite si vincono (o si perdono) in un settore del terreno di gioco: il centrocampo. E che le trame offensive si concludono con soluzioni di potenza (tiri da fuori, calci piazzati, acrobazie aeree in area) o saltando l’uomo. Soffermandoci su queste situazioni, dobbiamo ammettere che il Napoli mostra delle oggettive carenze. Da tempo Gargano è vittima di un’involuzione tattica e, quel che è peggio, atletica. Corre molto meno, copre un’area del campo sempre più ridotta, non “morde” le caviglie dell’avversario, non vince i contrasti, non si offre in appoggio ai compagni. Sulla tecnica, sulla precisione dei passaggi, sulla lucidità di gioco, non è peggiorato (anche perché era oggettivamente difficile). Personalmente questo mi addolora molto, perché devo ammettere che il piccolo uruguaiano è il mio preferito tra gli azzurri: in lui ho sempre visto quell’anima, quella voglia di vincere a dispetto dei propri limiti che è dei grandissimi, come il Bagni della nostra epoca, per intenderci. Ma oggi, bisogna ammetterlo, Gargano è veramente impresentabile. Né pare si possa chiedere a Pazienza o allo stesso Yebda, che comunque sembra essere quello più in forma dei tre, di creare soluzioni di gioco.
L’altro punto dolente è Lavezzi, anzi la sua sostituzione. L’argentino è arruffone, disordinato, indisciplinato tatticamente e inoltre segna poco, pochissimo per quello che si pretende da una seconda punta nel calcio moderno; ma è l’unico in rosa in grado di prendere la palla e creare qualcosa. Senza di lui la luce si spegne e il Napoli diventa prevedibile, scontato, triste. L’unico suo compagno che tenti (anche troppo, a volte) il dribbling è Zuniga, che infatti il tecnico utilizza in sostituzione del Pocho, nonostante il colombiano di mestiere faccia l’esterno.
A queste due mancanze, le più evidenti e gravi dell’organico azzurro, né a giugno né a gennaio è stato posto rimedio. Sosa, bisogna dirlo forte e chiaro, è un fallimento; lento, inconsistente atleticamente, impacciato, senza personalità: ha avuto le sue occasioni e le ha fallite tutte, incontestabilmente. Nelle previsioni di chi lo ha acquistato avrebbe dovuto essere il vice Lavezzi o il vice Hamsik, e invece è semplicemente inadeguato ai ritmi atletici del nostro campionato. Dumitru è un ragazzino, valido ma un ragazzino, e Lucarelli purtroppo appare troppo indietro in condizione per poter sperare in un recupero effettivo in questa stagione.
Mascara è un ottimo acquisto, ho grande fiducia in lui: è esperto, integro e non troppo anziano, ha buoni numeri e conosce benissimo campi e avversari; ma è una punta, bravo a vedere la porta e negli spazi stretti, non credo che ci si possano aspettare da lui le sgroppate, gli assist e i ripiegamenti a cercare palla a centrocampo del nostro ipertatutato idolo argentino.
Provocatoriamente e paradossalmente, dico che forse il piccolo Insigne, mandato via troppo in fretta, avrebbe potuto ricoprire, incidentalmente, quel ruolo: un Giovinco, insomma, o Iturbe, o almeno un Giaccherini.
Intendiamoci, lo ripeto ancora una volta: siamo fieri di questa squadra e della sua meravigliosa stagione. Mazzarri, Bigon e lo staff tecnico hanno fatto un lavoro straordinario e ci hanno regalato l’ambizione di un ingresso in Champions per coronare un antico sogno, ma in questo mercato di gennaio non hanno colto l’occasione di completare una squadra che, con due inserimenti, sarebbe stata in grado di giocarsi traguardi ancora più elevati.

Spero di sbagliarmi: spero che già da domenica la squadra, recuperando Lavezzi, Yebda, Mascara e un po’ di fiducia, ricominci la sua splendida cavalcata. E che i nostri ragazzi mantengano freschezza e forma fino in fondo.
Maurizio de Giovanni
3 febbraio 2011

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