Intervista al Corriere della Sera: «Sognavo di starci per sempre a Napoli, a volte gioco a Sliding Doors e mi rivedo in idoli amati come Hamsik e Insigne»
Intervista al Corriere della Sera
Fabio Quagliarella. Il Corriere della Sera lo intervista oggi a tutta pagina. Il suo dramma, lo stalking, l’addio forzato al Napoli, gli anni bui, poi l’intuizione del padre che lo salvò dal carnefice finalmente condannato. Parla di tutto, Quagliarella, e anche del suo rapporto con Napoli e i napoletani. Con frasi commoventi. «Da bimbo andavo al San Paolo con papà, ho visto ore e ore di videocassette su Maradona, quella maglia era tutto. I napoletani mi avevano accolto come un re: canzoni come “Quagliarella bum bum” e “Quagliarella è bell…” le ascolto tuttora con le mie nipotine».
E quando il giornalista gli chiede: “il Napoli decide di cederla alla Juve e l’idolo diventa il grande traditore”, lui risponde così:
«Già. E non potere spiegare la verità era deva- stante. Immagini un po’: da una parte lo stalker, dall’altra una città contro… Quando tornavo a Castellammare dovevo camuffarmi. Li capisco, era il cuore che li guidava. Ma mantenere la calma era dura: a volte giocavo solo col corpo, la testa era altrove».
Lo striscione dei tifosi
Parla delle scuse che gli sono arrivate dai suoi tifosi: «Dello striscione esposto durante Napoli-Crotone (Nell’inferno in cui hai vissuto… enorme dignità. Ci riabbracceremo Fabio figlio di questa città, ndr) ho fatto un poster. Conosco la mia gente: col cuore mi hanno chiamato traditore, col cuore mi hanno riaccolto quando hanno conosciuto la verità. Sognavo di starci per sempre, diventare capitano, vincere… A volte gioco a Sliding Doors e mi rivedo in idoli amati come Hamsik o Insigne…».
Il calcio di strada
Un ultimo passaggio sul calcio istintivo: «È la scuola della strada, dove stavo a giocare 12 ore al giorno da bambino… Lì ho imparato il mio calcio istintivo senza troppi pensieri, perché se pensi troppo rischi di sbagliare, ma anche a rapportarmi con gli altri e a tirar fuori la grinta. Quella scuola mi è servita in questi brutti anni ma anche quando a 13 anni sono andato a Torino per cominciare la mia avventura».