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Apriamo il San Paolo per un giorno al mese

Resse per i biglietti. Inter e Samp in rapida successione. Tutti vogliono vedere, sperare, gioire. C’è chi implora: ho aereo e albergo per Villareal, manca solo il biglietto: come fare? Il cellulare bisognerebbe tenerlo spento. Non si può. Per lavoro. E allora c’è un involontario stalking, causato dalla Passione Napoli. Allo stadio va la città che convive con le emergenze: rifiuti, criminalità, disoccupazione. Ci si domanda come in un mese il Napoli arriverà a contare oltre 200.000 paganti allo stadio. Il Pil è quello che è. Non si sa se si vendono biglietti a rate. Di sicuro c’è chi pur di esserci sceglie tutte le strade possibili.
Passione Napoli, dunque. Riflessioni. L’occasione, un convegno sul calcio giovanile. Fieri e impettiti, 300 ragazzini intonano l’inno nazionale, nella suggestiva sede del Maschio Angioino. Al fianco di Gianni Rivera, oggi Presidente del Settore Giovanile e Scolastico della Federcalcio, con un altro 10 doc, Roberto Baggio, invocato da Abete per ridare corpo e vigore al calcio giocato e poco parlato, due capitani storici del Napoli: Antonio Juliano e Beppe Bruscolotti. Calciatori-bandiera. I bambini in sala ne apprezzano le gesta guardando filmati in bianco e nero frutto dell’immenso patrimonio, di inestimabile valore, che è l’archivio della Rai. I racconti di nonni e padri fanno il resto. Le carriere dei grandi passano dalla cronaca alla leggenda, si sa. Nelle vesti di moderatore, dovendo presentare un vecchio fusto che meritò l’appellativo di Matador negli anni ’50, ho sollecitato l’applausometro. Il vostro preferito è Gargano? Applausi ma non ovazione. E’ Lavezzi? Tripudio. E’ Cavani? Osanna, standing ovation.
Ecco, il Napoli ricchezza. Senza addentrarci in discorsi retorici, provando a sfuggire alla demagogia, ho chiesto ad un bravo, serio, accorto dirigente – il segretario Vallefuoco –  inviato al convegno dall’esperto e uomo di mondo e istituzioni direttore generale della società azzurra Marco Fassone, perché? Già, perché non è possibile consentire ai ragazzi che per motivi più svariati non possono andare allo stadio di vedere da vicino i calciatori? E’ sparita l’abitudine dell’inaugurazione dei Club, un tempo motivo di festa per quartieri e paesi. A Castelvolturno la struttura non consente al Napoli di ospitare anche piccoli gruppi. Anzi, nessuno può. Un’amichetta di mio figlio, Giulia L., che ha accompagnato a centrocampo col pallone in mano la terna di Napoli-Juve di Coppa Italia, ha raccontanto al piccolo Matteo dell’emozione di vedere da vicino De Sanctis e Cannavaro, il Pocho (“che sta sempre con gli occhi bassi” e Cavani (“talmente alto che ad un certo punto ho messo gli occhi nei riflettori”). Ecco: non sarebbe, anzi non è una buona idea fare un allenamento al mese al San Paolo? A porte aperte, ovviamente. Anche una sola seduta atletica, magari defaticante, con mini-paertitella per gli olè. Lo so: a Castelvolturno c’è la zona medica, la sala massaggi, gli uffici. L’Inter si allena ad Appiano Gentile, il Milan a Carnago, la Juve pure fuori Torino e la Roma a Trigoria. Ma il pubblico a volte è ammesso. Ma fare paragoni è un errore. E’ Napoli una realtà fatta anche di cuore e passione? Ma, chiarisco, se la mia è proprio una cattiva idea che i colleghi che animano Il Napolista mi hanno chiesto di rendere pubblica ne prendo atto. Senza voler minimamente individuare responsabili o colpevoli. Nella vita non è tutto possibile.
Gianfranco Coppola

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