Nel flusso degli acidi gastrici lo stomaco passava la notte a lamentarsi di esser vuoto. Non so come ci riuscivi, ma eri in grado di captare quel rumore attraverso le porte e le pareti. Arrivavi senza accendere luci e prendendomi in braccio riempivi ogni vuoto con una zuppa di latte e biscotti. Accadeva questo quando ero ancora figlio tuo. Adesso sono figlio un pò a metà. Il tempo che è trascorso l’ho passato tutto a cercare una distanza da seguire. Eppure, fra i pensieri, i primi ricordi sono tutti baci ed abbracci tuoi. Quando mi addormentavo sul tuo petto tenendo fra le mani qualche pezzo di collana:piccole sfere che poi la mia fantasia credeva piccoli mondi con me dentro. Arrivò pure il tempo delle botte. Mi inseguivi con una scopa o un cucchiaio di legno. Non ero un bimbo sfrenato, ma curioso. E allora passavo il tempo ad ascoltare il rumore delle scarpe che saltavano nelle pozzanghere. Ma spesso le scarpe erano nuove e comprate con sacrifici. Ora la comprendo quella rabbia che da piccolo mi sembrava manifestazione della cattiveria umana. Di scarpe lise e sporche ne vennero tante. Posso richiamare ogni periodo della mia infanzia solo ricordando quelle che indossavo. Cominciai da subito a giocare a calcio, un amore più che un gioco. Nonostante i continui richiami, gli schiaffi e le urla a squarciagola non riuscivo a fermarmi quando vedevo il pallone. Tu mi raccomandavi sempre di rientrare in casa per cambiare le scarpe, io ci giocavo pure con i mocassini. Venne il tempo che non me ne comprasti più per molto, a volte sono andato a scuola con scarpe bucate e sporche. Era il tuo insegnamento:<
Valentino Di Giacomo