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Eriksson: «In Italia la stampa ti uccide se non vinci, ma nessuno entra nel privato come la stampa inglese»

Al Guardian: «Hanno telefonato alla mia ex moglie offrendole un sacco di soldi per parlare di me, in Italia non mi è mai successo. Da malato, apprezzo di più la quotidianità».

Eriksson: «In Italia la stampa ti uccide se non vinci, ma nessuno entra nel privato come la stampa inglese»
As Roma 19/03/2023 - campionato di calcio serie A / Lazio-Roma / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Sven Goran Eriksson

L’ex allenatore Sven-Göran Eriksson ha un cancro terminale, al pancreas. A gennaio annunciò di avere un solo anno di vita. Oggi è tornato a vivere in Svezia, a Sunne, nel Värmland. L’intervista al Guardian.

Eriksson: «L’Inghilterra non vince anche per la pressione che subisce»

Nonostante non sia nella sua forma migliore, ha dichiarato:

«Sto guardando le Olimpiadi, ho visto tutte le gare. Anche degli Europei ho visto ogni partita».

Ha parlato poi dell’Inghilterra di Southgate a Euro2024:

«Southgate ha giocato due finali europee e una semifinale mondiale, ma per gli inglesi non è abbastanza. Mi dispiace per chiunque ci sarà in panchina in futuro. Se non vince un grande torneo, sarà criticato e vale anche per i calciatori. Dovrà essere un uomo coraggioso. Quest’anno avevano una buona squadra, ma manca sempre qualcosa… non so cosa però».

Perché l’Inghilterra non riesce mai a vincere un torneo?

«Uno dei motivi è l’aspettativa che la stampa mette sui giocatori».

Cosa l’ha fatto diventare un buon tecnico?

«Beh, non lo so se sono stato bravo, ma forse lo ero nel creare una buona atmosfera nel club, non solo nella squadra. Credo che questa sia stata la mia forza, più che la tecnica. Se mostri rispetto per le persone intorno a te, poi mostreranno rispetto per gli altri e per te».

Il momento più alto della sua carriera?

«Ho fatto tanti salti di qualità, ma allenare l’Inghilterra è stato il vero passo in avanti. Beckham mi manda messaggi chiedendomi come sto. Il più talentuoso del gruppo? Rooney ha debuttato a 17 anni in nazionale maggiore, era un grande talento».

Ha infine dichiarato sulla stampa italiana:

«In Italia ti uccidono se non vinci le partite di calcio. Se giochi un brutto calcio, ti attaccano sempre. Ma mai in Italia in 13 anni ho avuto storie sui giornali sulla mia vita privata, come in Inghilterra; lì hanno telefonato alla mia ex moglie, per esempio, offrendole un sacco di soldi per parlare di me».

Essere un malato terminale le ha dato un’altra visione della vita?

«In un certo senso… svegliarsi e sentirsi bene, essere vivo, lo apprezzo molto più di un anno fa o di 10 anni fa. Finora, sono un uomo malato sano. La paura di morire? A volte mi passa per la testa, ma cerco di non pensarci. L’unica cosa che sappiamo è che prima o poi moriremo tutti… spero il più tardi possibile».

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