A Vanity Fair racconta come è stato crescere in un piccolo paese: «Se prendevo dieci in un tema a scuola era perché ero “la figlia di”, non perché ero una secchiona»
Vanity Fair intervista Angelina Mango che, dopo la vittoria di Sanremo, quest’estate porta in tour la sua musica e lo fa “fermandosi a parlare con il pubblico, che le consegna problemi personali, cronache private, pezzi di intimità. «È uno degli insegnamenti più importanti di mio padre. Da piccola, con la mamma e mio fratello lo aspettavamo dopo ogni suo concerto in camper. L’attesa poteva durare anche due o tre ore. Una sera ero stanca, volevo andare a casa, mi sono lamentata e ricordo che lui mi ha detto: “È grazie a loro che abbiamo questa vita bellissima. È giusto che io saluti i fan uno a uno, fino a notte fonda”». Pausa. «C’è stato un tempo in cui non avrei raccontato questo episodio. Avevo una convinzione: la mia storia era già nota, il mio cognome mi precedeva. Non ero da scoprire. Negli occhi di chi mi conosceva per la prima volta leggevo il mio passato. E allora perché parlarne, non ne vedevo l’utilità. Poi, ho capito che avevo qualcosa di inedito: la mia prospettiva. È una conquista recente, dell’ultimo anno».
Crescere a Lagonegro con la famiglia che aveva non è stato facile
«Se avessi avuto un carattere diverso, l’esposizione mi avrebbe fatta soffrire. Invece da piccola cercavo attenzioni, mi piaceva disturbare, e riuscivo a cogliere la normalità negli occhi che mi guardavano in modo differente».
Erano parecchi quegli occhi?
«Se prendevo dieci in un tema a scuola era perché ero “la figlia di”, non perché ero una secchiona, una secchiona buona che lasciava copiare. Oggi non mi stupisce quando mi dicono che sono qui solo per il mio cognome. Ma chi mi ascolta non ha questo tipo di pregiudizio nei miei confronti. Nessuno è costretto ad ascoltare nessuno. Non c’è niente di più sincero del rapporto tra il pubblico e l’artista. Appartengo a una famiglia della musica, è un dato di fatto. Sono riuscita a viverlo con naturalezza, ho conosciuto tante persone, già a 12 anni sono entrata in uno studio di registrazione per duettare con mio padre e ho potuto cantare nella cover band di mio fratello Filippo».
Quando ha dato il primo bacio?
«A 13 anni, ero innamoratissima».
Una lei l’ha mai baciata?
«Sì. È il bello della mia generazione: è libera, aperta, elastica. Affronta ogni argomento senza vergogna: i traumi, i disagi, l’amore, i sentimenti… E poi, scende in piazza, preferisce uscire invece che frequentarsi online, va ai concerti piuttosto che chiudersi in un mondo virtuale».
Che rapporto ha con il suo aspetto fisico?
«Vorrei cambiare il mio modo di vederlo. Questo mestiere mi porta ad avere un contatto continuo con la mia immagine. Esco con un’amica a fare la spesa, e il giorno dopo sono su TikTok. Non sono una campionessa di autostima, per cui È difficile. Però ho l’intelligenza per affrontare i limiti che mi pongo da sola. Non sono una giovane donna risolta, non so se mai lo sarò, però ci sto lavorando con il supporto di più persone possibili».
Qual è la sua paura più grande?
«Perdere chi amo. Ma ne ho tante: il buio, gli insetti, gli aerei, i fantasmi, gli squali che temo siano pure in piscina. Sono matta? Eppure, le paure non mi fermano. Se le avessi assecondate, non avrei fatto l’80 per cento di ci. che ho fatto. E per questo devo ringraziare soltanto me stessa».