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Il Napoli non vede l’ora di tornare nella propria comfort zone di eterno underdog

Il club non vede l’ora di rientrare nei ranghi. La continua produzione di veleno e materiale tossico riservati a chiunque rompa con De Laurentiis

Il Napoli non vede l’ora di tornare nella propria comfort zone di eterno underdog
Gc Milano 28/07/2010 - presentazione calendari serie A stagione 2010-2011 / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

Il Napoli vuole ritornare nella propria comfort zone di eterno underdog

Sotto il vestito niente. La Caduta. C’eravamo tanto amati. Sarebbero tante le similitudini cinematografiche da sovrapporre all’ultimo periodo della proprietà. Ma francamente è già penoso, cosi da sembrare accanimento terapeutico. Nel Napoli si è esaurita qualsiasi pulsione positiva. Qualsiasi flusso virtuoso. È bastato un anno di risultati sportivi deludenti e grottesca gestione presidenziale per mettere a nudo il respiro corto ed affannoso iniziato a maggio 2023, ma che per azioni presidenziali ha avuto inizio ben prima. E nulla dell’ultimo anno può essere ascritto a sfortuna o “poteri forti”. Quello che ha messo a nudo i difetti di una squadra e di una società è stato un potere che si è tramutato in debole, dubbioso e protervo.

Se dopo tanti anni di presidenza non ci si è sensibilizzati circa la natura collettiva del calcio, che è uno sport di squadra, di cui si condividono risultati positivi e risultati negativi, evidentemente non c’è la voglia di comprendere le dinamiche di un mondo che si è deciso di vivere. In pubblico si fatica a trattenere l’autoreferenzialità, si discredita il lavoro del proprio scouting e del proprio allenatore, non capendo che in questo modo si picconano le scelte precedenti e si ostacolano quelle future. La domanda che sorge spontanea perché un allenatore dovrebbe scegliere un’azienda dove in caso di difficoltà sarei visto come il responsabile unico dei mancati risultati?

Il Napoli si affidi all’intelligenza artificiale

Il Napoli è un’azienda florida, lo è sempre stata, per anni ha prodotto bel calcio e risultati lusinghieri, ma sembra non esserci rimedio alla produzione di veleno e materiale tossico una volta terminata la collaborazione. La variabile umana a volte è un fattore positivo, ma evidentemente nel Napoli finisce per essere un fattore negativo. De Laurentiis non sopporta gli addii, non li sa gestire, li soffre. Sarà il caso di affidare la squadra all’intelligenza artificiale che meriti e medaglie personali non sa cosa siano? Quella sì che sarebbe una mossa da visionario. Potrebbe scendere negli spogliatoi ogni volta, senza per questo dover per forza esonerare il tecnico di turno.
Provocazioni a parte, come Lorenzo Insigne non voleva staccarsi dalla propria, il Napoli, dopo due anni vissuti pericolosamente vuole ritornare nella propria comfort zone di eterno underdog. Ogni qualvolta c’è stata l’opportunità di crescere e di andare oltre i propri limiti, si è sempre preferito abbassare i giri del motore. Per scarsa convinzione, per timore, per convenienza. Questo non è dato saperlo. Invero, non è nemmeno importante. La proprietà sarebbe ben felice di rivivere un quadriennio (ricordate quando si pensava con un orizzonte decennale?) come fu quello di Mazzarri. Proiettati alla crescita, ma senza eccessive pressioni. Nei panni della lepre il Napoli non ci sa stare. Al momento l’identikit del candidato ideale per poter tornare ad una decrescita sostenibile sarebbe Gasperini.
La società che lascia filtrare il nome di un allenatore mai inserito nella famosa short list presidenziale potrebbe avere il sapore del bluff. Parlando del tecnico la scelta di Gasperini, addì 20 maggio 2024, sarebbe assolutamente consapevole e sensata. Ma il tecnico torinese avrebbe voglia di gettarsi in questo caos? Avrebbe tutto da perdere e nulla da guadagnare. Ma avrebbe senso lasciare una squadra più in salute del Napoli, certamente più futuribile e più orientata alla pazienza ed alla concretezza? Senza dimenticare che le alpi orobiche, per uno sciatore provetto come Gasp, sono certamente più fascinose rispetto alla collina di Posillipo. Quando nel 2011, per settantré giorni, Gasperini inforcò la panchina dell’Inter, non ebbe il tempo materiale di rendersi conto di dove si trovasse, e dopo una sconfitta a Novara fu costretto a fare le valigie. Era l’Inter post triplete e Moratti avrebbe lasciato dopo qualche anno. Una situazione sovrapponibile al Napoli odierno, per dimensioni, ma da slalomista provetto qual è, Gasperini avrà già individuato la porta nella quale non infilarsi.
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