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Sarri, più che un’idea, è un desiderio nella testa di De Laurentiis

Gli sherpa delle due parti si sono reciprocamente ascoltati. Adl non è più un uomo di libertà, è diventato un uomo d’amore

Sarri, più che un’idea, è un desiderio nella testa di De Laurentiis
Sarri e De Laurentiis in una foto di Matteo Ciambelli

Sarri, più che un’idea, è un desiderio nella testa di De Laurentiis

È una suggestione che avanza silenziosa. È un filo di vana speranza per tornare ad avere dieci anni in meno. Un po’ come quando Apollo Creed voleva tornare ad essere grande e battere Ivan Drago. Tutti ci ricordiamo com’è andata a finire.

Dopo i novantuno punti Sarri tornerebbe, sapendo di essere finalmente solo un allenatore. Non più il simbolo del quarto stato. Si è anche “sporcato” con uno scudetto in bianconero. Ha anche mondato i panni nel Tevere. Ma del resto il sarrismo (sue parole) non è mai esistito.

Sarri, l’intuizione più felice dell’era De Laurentiis, si è rivelato essere un boomerang politico contro il padrone del Napoli. Maurizio Sarri, più che un’idea, è un desiderio nella testa del patron. Gli sherpa delle due parti si sono reciprocamente ascoltati.

I curriculum sul tavolo sono molti meno di quaranta rispetto a maggio scorso. Ma dopo Mazzarri, dopo Calzona, dopo il film dello scudetto, dopo una conferenza stampa irrituale a febbraio, in cui si sono dispensate responsabilità a tutti, tranne che a se stesso, il cerchio si andrebbe a completare con il ritorno dell’allenatore più amato dell’ultimo ventennio.

De Laurentiis ormai non è più un uomo di libertà, i tanti anni a Napoli lo hanno fatto diventare “un uomo d’amore”, con buona pace della sua lucidità passata e di un calcio che non lo ha mai appassionato e che nell’ultimo anno gli ha presentato il conto della sua incompetenza.

L’idea Sarri nella circolarità delle idee presidenziali

Nella circolarità delle idee presidenziali Sarri sarebbe il profilo ideale. Non costerebbe un patrimonio, restituirebbe entusiasmo, avrebbe le spalle larghe per sopportare le immancabili intemerate presidenziali, collocando il Napoli, il cui monte ingaggi è in chetosi da un triennio, nella sfera d’appartenenza che più gli compete: la media borghesia del calcio italiano.

Il Napoli per mancanza di idee, di orizzonte progettuale ed anche di voglia, non riesce a vedere qualcosa migliore di Sarri. Su Conte pesa il niet del tesoriere filmauro. Pioli porterebbe lo stesso entusiasmo di Massimo Giacomini, che ormai ricordano in pochissimi. Il Tedesco nato in Italia, o l’Italiano nato in Germania per motivazioni diverse potrebbero trovare a Napoli un imbuto della propria carriera. Il cittì belga ha da poco rinnovato il contratto con la federazione, nonostante i rapporti non brillanti. E poi si dovrebbe comunque attendere la fine del percorso europei dei belgi. Italiano, individuato da Spalletti quale suo successore l’anno passato, non riavvolgerebbe certo il nastro alla stagione tricolore e si troverebbe a lavorare con un gruppo sfibrato dalla guerra costante con il presidente. E poi il trienno fiorentino di Italiano non entusiasma: un settimo ed un ottavo posto, in attesa di questa stagione non fanno certo levare gli “ohhhh” di entusiasmo dal Franchi. I risultati della conference non fanno curriculum.

Pubblico e tifoseria hanno assistito inermi ad un disastro annunciato, che in pochi hanno visto in anticipo. Sarri potrebbe lavorare sereno. Senza coppe, avrebbe la settimana tipo.

Il dubbio che assale è uno: Sarri ha sbloccato De Laurentiis da whatsapp?

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