A Libero: «Lo staff ha bonus in base ai risultati ottenuti dall’assistito. E’ un fuoriclasse, ma il talento non sarebbe bastato; ha vinto la finale per pochissimi dettagli».
L’ex tennista Paolo Bertolucci ha rilasciato un’intervista a Libero sulla vittoria di Jannik Sinner agli Australian Open.
Jannik e Roger [Federer] non sono teoricamente molto diversi tra loro?
«Certo, ma i numeri suggeriscono suggestioni notevoli: Sinner ha vinto il primo Slam a 22 anni e dopo 17 tentativi. Federer conquistò Wimbledon nel 2003 alla stessa età dopo 17 iscrizioni fallite negli Slam».
E’ un segnale di gloria futura?
«Piuttosto un intreccio statistico beneaugurale. Jannik ha toccato il cielo con un dito e marchierà a fuoco il tennis mondiale per i prossimi dieci anni».
Panatta sostiene che può vincere ovunque, ma deve migliorare sulla terra battuta…
«Ha ragione. Jannik gioca il tennis migliore sul veloce indoor, dove il vento non lo disturba. Gli Us Open ma anche l’erba di Wimbledon sono però alla sua portata».
Esiste un’azienda Sinner?
«Una multinazionale creata da lui quando si staccò da Piatti. Decise di investire i propri guadagni per fare un tennis-mercato. Andò da Cahill e gli chiese di allenarlo. Dopo ha contattato Vagnozzi e poi ha cercato un bravo fisioterapista, Naldi, che lavorava nel basket per la Virtus Bologna. Ha anche un mental coach personale, Riccardo Ceccarelli, che da trent’anni lavora coi piloti della Formula 1. Il grande tennista si circonda di un costosissimo staff che ha bonus in base ai risultati ottenuti dall’assistito».
Il segreto che ha fatto diventare Jannik un campione?
«E’ un fuoriclasse, ma il talento non sarebbe bastato. Il pomeriggio del 31 dicembre a Montecarlo faceva freddo ma l’ho visto in campo a provare il servizio. Non era a farsi spritz con gli amici. Nella finale contro Medvedev ha vinto per due, tre dettagli. Dal cilindro ha estratto il coniglio bianco salvando una palla break con un ace pazzesco. Lì ho visto in lui il fuoriclasse».