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L’atavica carenza del Napoli: l’incapacità di farsi rispettare in campo dagli arbitri

Segnali di risveglio di De Laurentiis: ottima la posizione su Rocchi e gli arbitri, meno le idee sull’Arabia ma non si può avere tutto

L’atavica carenza del Napoli: l’incapacità di farsi rispettare in campo dagli arbitri
Db Riyad (Arabia Saudita) 22/01/2024 - finale Supercoppa Italiana / Napoli-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: espulsione Giovanni Simeone

L’atavica carenza del Napoli: l’incapacità di farsi sentire in campo dagli arbitri

Siamo tornati a casa, finalmente. La vera natura del tifoso napoletano ha fatto capolino. Nemmeno Luciano Spalletti con le sue lezioni di vita è riuscito a far breccia. Nel brodo primordiale della lamentazione e delle proteste, nessuno si è accorto della svolta del Napoli che adesso guarda al futuro con fiducia. Nessuna tifoseria, come quella del Napoli, è più a suo agio in questa nenia di insulti e recriminazioni. Le colpe all’arbitro vengono dall’intero arco costituzionale del tifo napoletano, che in maniera tronfia rivendica un’autonomia, ideologica e filosofica, che pesa e peserà sempre meno di quella differenziata che farà tanto male.

Alla patetica insurrezione del tifo (il secondo giallo è quasi rosso, il primo non esiste) ha fatto da contraltare il lucido intervento di De Laurentiis che sta rientrando nel ruolo che gli è sempre riuscito meglio (il presidente) ed è stato assolutamente costruttivo e propositivo nei confronti della classe arbitrale, non cadendo nel tranello della polemica a “botta calda”. Sulla questione Arabia Saudita sorvoliamo.

Altro segnale di “ripresa” è la capacità di riconoscere che la squadra il premio per la supercoppa lo meriti comunque. Un qualcosa di tangibile, dopo tanta fuffa, che servirà a far diradare le troppe nubi che continuano ad avvolgere lo spogliatoio azzurro.

De Laurentiis infatti è il primo a sapere ad aver commesso una lunga serie di errori, nei quali c’è un Napoli costruito scientificamente per avere una squadra dall’eolica personalità, strutturalmente sottomessa alla vigoria ed alla veemenza delle altre avversarie. Una squadra cui mancano sempre “los huevos” nei momenti topici, quando non si riesce a volteggiare a cuor leggero su siderali vantaggi.

La finale di supercoppa ha sancito per l’ennesima volta l’imbelle incapacità di Giovanni Di Lorenzo come capitano. Come i suoi predecessori, non ha mai avuto il coraggio di mettersi a brutto muso con Rapuano, invitandolo ad una maggiore severità, lasciando mano libera alla maggior personalità dei nerazzurri, per indirizzare l’inerzia del metro arbitrale. Cose normali di campo che nel Napoli non hanno un interprete.

Ma non è solo Di Lorenzo. Nessun giocatore del Napoli sa farsi sentire con gli arbitri. Vecchia tara questa. Una società che predilige acquistare lo studente modello Giacomino Raspadori e non un tipaccio come Gianluca Mancini o Leonardo Bonucci, sarà sempre candidata a prenderle ed a tacere, con buona pace della tifoseria che per inveire contro l’arbitro non si è accorta della solida prestazione della squadra che in novanta minuti non ha mai realmente sofferto la capolista.

La maggioranza dei tifosi per protestare contro l’arbitro non ha colto la guarigione del Napoli. Finalmente la squadra è stata tatticamente credibile ed autorevole. Ha sfoggiato un vestito nuovo, meno luccicoso rispetro al passato, ma che sarà l’arma con cui inseguire il quarto posto. Il Mazzarri onesto con se stesso, meriterebbe un finale esaltante, ha smesso i panni di Oronzo Canà, mettendo sul campo il proprio personale Aristoteles: difesa a cinque centrocampo a 4 e GIovanni Simeone unica punta, con buona pace del presidente Borlotti che a 3 o a 4 nemmeno coglie le differenze.

La finale di ieri sera per atteggiamento, abnegazione ed umiltà segna uno spartiacque con il fumoso Napoli della seconda metà del 2023.

Da Riyad il Napoli, recuperando distanze e certezze, riparte con la consapevolezza di poter ambire al quarto posto.

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