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Il Napoli è una squadra zeppa di trentenni e De Laurentiis non vuole collaboratori forti (Carratelli)

Nel club mancano competenze specifiche. Adl smetterà di essere uno, trino e quattrino (presidente, uomo-mercato, allenatore e conferenziere)? 

Il Napoli è una squadra zeppa di trentenni e De Laurentiis non vuole collaboratori forti (Carratelli)
Ci Napoli 12/11/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Empoli / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: Giovanni Di Lorenzo-Matteo Politano

Il Napoli è una squadra zeppa di trentenni e De Laurentiis non vuole collaboratori forti. Lo scrive Mimmo Carratelli in un’analisi pubblicata dal Corriere dello Sport.

Sarebbe dovuta essere l’occasione per potenziare la struttura societaria e rafforzare una “rosa” in cui abbondano i trentenni (Di Lorenzo 31 anni, Juan Jesus 33, Mario Rui 33, Zielinski 30, Politano 31, Demme 33, Lobotka 30), due sono quasi trentenni (Anguissa 29, Simeone 29) e i giovani sono pochi (Kvaratskhelia 23, Raspadori 24, Ostigard 25, Natan 23, Lindstrom 24, Cajuste 25).

La società avrebbe avuto bisogno di arricchirsi di competenze specifiche, un direttore sportivo di grande esperienza e solide relazioni nel mondo del calcio e un dirigente accompagnatore indipendente (non il figlio del presidente, ovviamente di parte) per assorbire gli umori dello spogliatoio facendo da tramite fra squadra e società, tra squadra e allenatore, ma anche da elemento catalizzatore di entusiasmo e armonia.

De Laurentiis, con la partenza di Giuntoli, ha lasciato scoperti questi ruoli. Non volendo vicino collaboratori forti, riconoscerà questo primo errore che impedisce al Napoli di diventare un club adulto da che è un club padronale? De Laurentiis, pur con tutta l’abilità che gli viene riconosciuta, smetterà di essere uno, trino e quattrino (presidente, uomo-mercato, allenatore e conferenziere)?

Polito: «De Laurentiis doveva licenziare chi ha sbagliato, non scusarsi».

Antonio Polito sul Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato un’analisi critica delle gestione di De Laurentiis dopo la vittoria dello scudetto. Polito scrive che De Laurentiis sbaglia nell’assumersi tutte le responsabilità di quel che non sta funzionando nel Napoli. E sbaglia perché così facendo, attribuendosi personalmente la colpa degli insuccessi del Napoli, Adl reitera l’errore di gestione che ha commesso, e dunque fa temere che lo commetta ancora.

Polito: «Adl non ha resistito alla tentazione del grandomismo»

Polito fa un’analisi perfettamente napolista degli ultimi mesi del Calcio Napoli. Ed è una posizione di rilievo perché, di fatto, Polito era rimasto l’unico – tra gli autorevoli opinionisti di richiamo nazionale – a conservare una posizione puramente di elogio del presidente del Napoli. A ottobre si era imprudentemente lanciato in un prematuro peana del presidente del Napoli, ora ha preso atto della mutata realtà.

Ecco cosa scrive

Al momento però in cui si è raggiunto il risultato più grande, e cioè l’agognatissimo scudetto, Adl è stato tentato anche lui dal richiamo tutto partenopeo del «grandomismo», del paternalismo, dell’artefice solitario e insuperabile. Il suo stile imprenditoriale, intendiamoci, è sempre stato molto personale anche in senso positivo. Lo si vede dai successi della sua attività nel cinema, ma lo si è visto anche negli anni di crescita continua del Napoli. C’è stato un punto però in cui, una volta diventati una delle società di calcio più importanti d’Europa, bisognava fare un salto di qualità proprio nel senso dell’efficienza imprenditoriale, cioè esattamente sul terreno in cui Adl eccelle e grazie al quale ha fatto la differenza. Invece, a scudetto raggiunto, sono state compiute delle scelte contrarie a questo spirito. Soprattutto il presidente ha tentato di accreditare l’idea che tutto fosse dovuto a lui e che, chiunque fossero i suoi collaboratori, e perfino i suoi giocatori, sarebbe bastata la sua mano, la sua guida, per ripetere all’infinito successi che nello sport non sono invece mai acquisiti per sempre.

L’errore di non sostituire Giuntoli

Dal punto di vista della gestione di un’azienda, il vero errore è stato piuttosto, a mio parere, la mancata sostituzione di un dirigente come Cristiano Giuntoli con un manager di esperienza e qualità equivalente. È stato lì che Adl è sembrato dire: tanto l’azienda la gestisco io, non importa chi la dirige. Una presunzione del resto non solo sua, ma tipica in generale delle aziende familiari, nelle quali il fondatore e patron fatica a lasciare le redini a un professionista, e però così facendo impedisce alla sua impresa di crescere oltre un certo tetto.

Se un errore è stato commesso, dunque, esso è proprio di logica imprenditoriale. Ed è per questo che non siamo d’accordo sulla necessità che il presidente chieda scusa ai napoletani per ciò che non va sul campo. Sembra confermare infatti l’idea che tutto dipenda da lui. Mentre così non può essere a questi livelli di professionismo. Vi sembrerà spietato, ma io avrei preferito che avesse licenziato qualcuno per ciò che non funziona, piuttosto che assumersene la responsabilità.

 

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