Al Giornale: «Non parlerei di presunzione di De Laurentiis, anche se perdere Giuntoli e Spalletti in un colpo solo ha complicato le cose»
Il Giornale – a firma Nino Materi – intervista Ottavio Bianchi, 80 anni, storico allenatore del Napoli al tempo di Diego Armando Maradona (vinse uno scudetto, una Coppa Italia e una Coppa Uefa). L’ex tecnico commenta la situazione del Napoli scottato dopo il disastro Garcia.
Il Napoli sembra un giocattolo perfetto che si è rotto
Ottavio Bianchi: «Capita alle squadre che non sono abituate a vincere con continuità, caratteristica invece dei grandi club».
Vuol dire che il Napoli non è un «grandissimo club»?
«Voglio dire che non è facile ripetere l’exploit della scorsa stagione, quando lo scudetto fu il frutto di un’alchimia perfetta. E accaduto già in con Lazio di Maestrelli, il Cagliari di Scopigno, il Verona di Bagnoli, il Torino di Radice. Succede pure all’estero, vedi la parabola del Leincester City».
Cos’è che si «rompe» e impedisce di riconfermarsi ai massimi livelli?
«Non c’è una causa precisa, le variabili sono tante: cambio di allenatore, crisi di “appagamento”, operazioni di mercato non azzeccate…»
…O anche un certo tasso di presunzione con il presidente De Laurentiis che ha rivoluzionato tutto. Così lo scudetto-bis diventa una chimera.
«Non parlerei di presunzione. Però perdere in un sol colpo Spalletti, Giuntoli e altre pedine importanti ha complicato la situazione».
Lo spogliatoio del Napoli non è sereno. C’è il sospetto che abbiano remato contro Garcia. Un contesto che presenta analogie con l’«ammutinamento» di cui furono artefici nella stagione ’87-’88 alcuni suoi giocatori (Giordano, Bagni, Ferrario e Garella). Ferlaino e i tifosi però si schierarono dalla parte giusta e i 4 «ribelli» l’anno dopo cambiarono aria…
«Io venni riconfermato e il Napoli l’anno dopo vinse la Coppa Uefa».
Sabato ci sarà Atalanta-Napoli:
«Non andrò allo stadio, il calcio ormai mi annoia. Comunque la partita non sarà decisiva né per il Napoli né per l’Atalanta.
Il campionato è ancora lungo».
L’INTERVISTA A REPUBBLICA PER I SUOI 80 ANNI
Per i suoi ottant’anni lo aveva intervistato Emanuela Audisio per Repubblica. Raccontò che la sera dello scudetto era in pigiama.
«E sì, la sera dello scudetto ero già in pigiama quando il presidente Ferlaino mi trascinò giù per un giro in città. Ero un recluso, per mia scelta, non è stato divertente. Non frequentavo nessuno, tranne il mio vice Casati, il direttore dell’albergo, il dirigente e amico Enrico Verga, Raffaele, il cuoco di Soccavo, e ogni tanto a cena Pesaola, intelligente e divertente. La famiglia l’avevo mandata via».
Asceta a Napoli, complimenti.
Ottavio Bianchi: «Da giocatore ci avevo vissuto cinque anni. A Napoli devo il gusto e la mia educazione culturale, ilteatro con la Melato, i concerti di Dalla. A Napoli ho imparato a vivere, a mangiare, a vestirmi, a leggere la storia, ad ascoltare la musica. Mi ha arricchito e maturato. È stata una sorgente. Ma da allenatore sapevo che la bellezza tenta, seduce, coinvolge. I sensi vogliono la loro parte. Napoli ti dà, ti insegna a godere, e tu non avverti il pericolo. Mettevo in guardia giocatori, famiglie, mogli, figlie. Nessuno mi ha mai dato retta».