La laurea ad Honorem dell’Università di Parma: non si nasconde dietro facili ghirigori retorici, ma affronta la realtà con l’innocenza e l’entusiasmo di un bambino
Carlo Ancelotti è diventato dottore, ieri l’università di Parma gli ha conferito la laurea honoris causa in «Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate». Scrive la Gazzetta dello Sport:
L’avvocato Agnelli sosteneva: «Un uomo che non piange non potrà mai fare grandi cose». E non è vero che le lacrime sono un segno di debolezza, semmai testimoniano la forza interiore, la dolcezza del carattere, la profondità dei sentimenti. Così, quando Carlo Ancelotti, in toga e tocco, si piazza davanti al microfono per pronunciare la sua «Lectio Doctoralis» dopo aver ricevuto la Laurea ad Honorem dell’Università di Parma in «Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate», e il volto gli si riga di lacrime, vien da pensare che il neodottore, oltre che un grande allenatore, è anche un grande uomo, uno che non si vergogna di mostrare ciò che prova, che non si nasconde dietro facili ghirigori retorici, ma affronta la realtà con l’innocenza e l’entusiasmo di un bambino. E i bambini, si sa, spesso piangono, perché si emozionano, perché il loro corpo riceve una specie di scossa elettrica e, in qualche modo, bisogna buttare fuori l’energia. E’ esattamente ciò che accade ad Ancelotti.
In quel momento, con quelle lacrime, Ancelotti ha stabilito una connessione con la gente che lo ascolta. A rifletterci bene questo è lo stesso metodo che utilizza da quasi trent’anni, quando va in campo per fare l’allenatore. E sia ben chiaro che la commozione è vera, sincera. Nulla di finto, di preparato, di artefatto.
L’ABBRACCIO COL FIGLIO A NAPOLI
Ancelotti padre e figlio al Maradona, quell’intenso abbraccio finale.
È quell’abbraccio al triplice fischio finale, un abbraccio intenso e prolungato, che la dice lunga su quanto gli Ancelotti sentissero questa partita. Perché è vero, come ripete sempre Carlo, che quella separazione fu benefica per tutti. Per lui che andò all’Everton, disputò una buona stagione (dopo di lui l’Everton è franato nei bassifondi della classifica) e soprattutto poi andò a Madrid dove vinse – col figlio Davide ovviamente – la Liga e la Champions. Altro che bollito come a Napoli gli ripetevano un giorno sì e l’altro pure. La stessa Napoli che ha sempre dato del raccomandato al figlio Davide apprezzato a Parigi come a Londra e a Madrid, che invece a Napoli ha dovuto ingioiare un trattamento che è meglio non definire.
Quell’addio anticipato fu benefico anche per il Napoli. Non subito. Una volta superate le sabbie mobili Gattuso, il presidente ricordò di avere nel cassetto il business plan di Ancelotti, stavolta lo applicò (non aveva più niente da perdere), fece fuori i senatori e con Spalletti alla guida vinse lo scudetto. Oggi De Laurentiis si riempie di belle parole per Re Carlo ma allora non esitò a cacciarlo. Per Gattuso poi. Con la complicità di Giuntoli e Chiavelli: una delle pagine più buie del Calcio Napoli.