I drammatici bilanci di Andrea Agnelli, ricapitalizzazioni per 500 milioni di Exor, l’acida definizione interna di «società fuori controllo»
La Juventus è in vendita, ha scritto Il Giornale. Almeno per un miliardo e mezzo. L’ipotesi ormai circola da quasi un anno (qui il pezzo del Napolista). Ecco cosa hanno scritto oggi Osvaldo De Paolini e Tony Damascelli. Qui la smentita di Exor.
C’è stata, poi, la Juventus. Che non è soltanto una squadra di calcio, è il distintivo sportivo degli Agnelli, anche questo passato da bilanci passivi a conti attivi e progetti forti, nella fase imprenditoriale disegnata e rilanciata da Umberto e dalla sua squadra di professionisti, Antonio Giraudo fra questi, per essere trasferita, traumaticamente, dopo lo scandalo del 2006, definito impropriamente «Calciopoli», all’unico membro tifoso e disponibile:
Andrea Agnelli, capace di grandiosi risultati calcistici – nove scudetti consecutivi rappresentano un unicum difficilmente ripetibile – ma, al tempo stesso, attore di una lenta e inesorabile caduta nelle sabbie mobili di bilanci drammatici, nonostante ricapitalizzazioni per 500 milioni da parte di Exor, la holding olandese cui fa capo, diciotto consigli di amministrazione convocati in un solo anno, la vergogna per le vicende giudiziarie, per arrivare all’acida definizione interna di «società fuori controllo» con l’ipotesi, sempre più verosimile, di una vendita del club la cui condizione contabile – perdite per 240 milioni, ricavi inferiori a 600 milioni, debiti addirittura superiori e un valore di Borsa di 800 milioni – pesa in modo non sostenibile su Exor.
Che, per l’appunto, non vuole più addossarsi l’impegno di sovvenzionare il club-idrovora. Un asset da riequilibrare, ripulire e mettere sul mercato per un valore base di non meno di un miliardo e mezzo, impresa non facile ma non più impossibile, a chiudere un secolo di storia gloriosa e infine sventurata. Nel frattempo anche Andrea ha trasferito armi e bagagli in quel di Amsterdam.