Conversazione col Foglio. A 15 anni i suoi lo misero in collegio perché comprò un motorino di nascosto: «Oggi i ragazzi sono più ignoranti»
Chiacchierata del Foglio, a firma Francesco Palmieri, con Aurelio De Laurentiis che i napoletani (prima dello scudetto) chiamavano il “romano”.
Della vicenda Spalletti dice.
“Ne stanno discutendo gli avvocati e io non m’intrometto”, taglia corto De Laurentiis. E se gli poni il dubbio che l’addio di Mancini alla Federazione e l’ingaggio di Spalletti non siano maturati in un lampo agostano, allarga le braccia. “Spalletti mi disse: ‘ Sono molto stanco, ho bisogno di un periodo sabbatico per coltivare la terra’. Perciò lo lasciai andare. Però quel che gli passava per la testa lo sa solo lui”.
De Laurentiis si è preso le sue soddisfazioni con la vittoria del campionato su tanti che lo avevano criticato per lo scorso mercato del Napoli, ma nonostante gli attriti il presidente si dice innamorato di Napoli, mentre definisce Roma una città difficile da vivere.
Napoli è città difficile se spazientì persino un ex scugnizzo come Enrico Caruso, che per ripicca non cantò più al San Carlo; difficile se spinse Eduardo a esortare “Fuitevenne!”; una città di cui La Capria, fattosi lui civis romanus, scrisse che “ti ferisce a morte o t’addormenta”. Ma De Laurentiis non concorda: “Napoli non mi addormenta né ferisce. Mi bacia. E io la adoro. L’immagine più bella è quando mi allontano sul mare, la vedo progressivamente più distante e ho l’impressione che mi abbracci”.
Scrive il Foglio:
L’aveva già vissuta mentre giravano La mazzetta e un contrabbandiere gli concesse una prova sul potente motoscafo blu. Intanto litigava con Nino Manfredi per avere – Aurelio – affidato le musiche del film a un semisconosciuto guaglione: Pino Daniele. (Sarebbe accaduto lo stesso con i tifosi all’acquisto del coreano Kim nella stagione scorsa).
“Il passaggio dal cinema al calcio non è stato difficile né traumatico ma interessante, e quando le cose sono interessanti diventano anche facili”, sostiene De Laurentiis.
“Ho avuto la fortuna di fare la gavetta in una famiglia che mi ha permesso di conoscere tutte le componenti dell’industria dell’audiovisivo, di diventare imprenditore e acquisire coraggio, perciò quando ho preso il Napoli ero convinto che avrei imparato velocemente i nuovi meccanismi”.
Si parla di calcio, ma non solo, è un’intervista a tutto torno tra presente e passato, tra calcio e cinema con numerose riflessioni che emergono dalle esperienze di vita passate
A casa non lo viziavano: aveva frequentato il liceo scientifico statale Augusto Righi e ricorda con sollievo “l’uscita dall’epoca canterina dei nostri genitori con la scoperta dei Beatles e dei Rolling Stones”, solo che quando scoprirono che aveva comprato di nascosto un motorino 50 cc lo misero un anno in collegio. “Per noi le due ruote erano un inno alla libertà, l’uscita dalle mura domestiche. A 15 anni dovevamo ritirarci a mezzanotte e se tiravamo tardi le mamme ci aspettavano con la ciabatta in mano. Eppure la mia generazione ebbe coscienza di vivere un periodo straordinario. Oggi i ragazzi sono apparentemente più adulti perché iperconnessi al mondo virtuale, ma più timidi, e più ignoranti. E’ difficile appassionarli a un romanzo o a un film. Giorni fa ho provato coi miei nipoti e i loro amici proiettando Apocalypto di Mel Gibson, che avrò visto quindici volte, ma neppure un’opera così forte li ha coinvolti più di tanto”.