Il campione britannico della rana soffre di disturbi dell’attenzione come Phelps: “Per vincere non ti godi niente, ma mi piace. E’ il mio mondo”
Se Phelps è uscito, dalla vasca e dal tunnel dei problemi mentali correlati ad una carriera leggendaria, ce n’è un altro che è ancora in acqua a lottare. E lottare non è un verbo usato a caso. Adam Peaty punta alle Olimpiadi di Parigi, detiene il del record del mondo dei 50 e 100 metri rana, e ha vinto 32 titoli tra Olimpiadi, Mondiali, Europei e Commonwealth. Sui 100 rana i migliori 14 tempi della storia sono ancora suoi, anche li ha nuotati tutti tra il 2016 e il 2021. Gli è stato diagnosticato un disturbo da deficit di attenzione e iperattività, ADHD, che ha anche Phelps. “A volte – dice – quando vai a 1.000 miglia all’ora, non puoi guardare fuori dal finestrino per vedere cosa stai passando. Questo è quello che ho fatto. Prima che tu te ne accorga, ti sei schiantato contro un muro e devi rimettere insieme la macchina. Ho rimontato la macchina. Sono sicuro che abbiamo ancora degli aggiustamenti da fare, ma sono in un’ottima posizione e ho un ottimo telaio“.
E’ molto interessante il modo in cui, al Telegraph, il nuotatore britannico parla della cattiveria sportiva, e della mancanza di equilibrio.
“Mi sono preso una pausa e ho ribaltato il mio intero approccio allo sport, e alla mia vita. Ho sempre pensato che il successo e la felicità fossero definiti dalla medaglia d’oro o dal record mondiale. Cerco di non vivere più di questo”.
Quando è tornato, ai Giochi del Commonwealth, ha subito la sua prima sonora sconfitta in 8 anni. “Non appena subisci quella sconfitta, è come se avessi girato una chiave. Respiri fuoco. Se devo prendere una decisione difficile, penso solo a quel momento in cui ho toccato il muro ed ero quarto. Mi viene la pelle d’oca a pensarci”.
Peaty ora scrive un diario quotidiano e ha cercato di rallentare e documentare i suoi pensieri a volte contrastanti.
“Ho combattuto l’ansia, ho sempre combattuto situazioni scomode con molta energia. Il tuo cervello funziona a un ritmo molto veloce… non puoi goderti il presente, quindi la soddisfazione quotidiana, e l’obiettivo e il risultato ne risentono. La tua capacità di attenzione ne risente. Le tue relazioni soffrono. La dopamina è una droga estremamente potente … perché vuoi continuare a inseguire cose che possono mettere a rischio altre cose nella tua vita che ami e a cui vuoi aggrapparti”.
Sta cercando, scrive il Telegraph, di non precipitare in una mentalità negativa pur mantenendo il vantaggio che lo rende uno degli sportivi britannici più dominanti di sempre.
“È un’arma potente all’interno dello sport, perché posso concentrarmi eccessivamente e diventare dipendente dall’inseguire qualcosa. Uso ancora quell’energia. So che l’atleta dentro di me deve essere spietato. Si tratta di assicurarci di essere ancora un atleta e una persona ad alte prestazioni, ma assicurarci che questo non ci definisca. Ci sono molte domande che dobbiamo porci e assicurarci di non entrare anche in quel territorio soft. Soft è non lavorare sodo, essere compiacenti, dire sì a troppe cose perché non sei disciplinato. E’ tutto ciò che va contro l’obiettivo principale della prestazione. Le persone soft non vanno molto lontano nello sport. C’è un tempo e un luogo per accettare quella morbidezza ma nello sport, e tutto ciò che racchiude, devi essere un duro. Ma mi piace. Questo è il mio territorio”.