Il presidente del Coni definisce sfortunati e superficiali i telecronisti Rai, il ministro parla di omosessualità come se stesse parlando di chissà cosa. Ma perché siamo ridotti così?
Stretto stretto, a proposito dei telecronisti Rai e le loro frasi sessiste, il presidente del Coni Giovanni Malagò ha detto che sono stati sfortunati a farsi beccare. E tutt’al più superficiali. La parola sessisti o sessismo non è stata mai pronunciata. In privato probabilmente Malagò avrebbe detto “siete stati due coglioni”, magari mentre si sganasciava dalle risate. Chissà perché ce lo figuriamo così. Ma nella sostanza non è che poi sia balzato dalla sedia. In fin dei conti il tutto gli è parso alquanto normale.
“Mi sembra onestamente che sia sacrosanta la presa di posizione da parte della dirigenza dell’azienda. Poi tutte queste frasi sono state dette in un fuorionda, diciamo che sono stati superficiali e sfortunati. Purtroppo sono stati ascoltati, quindi non è certo buona pubblicità. Detto questo nella vita tutti abbiamo sbagliato, anche se è giusto che questo provvedimento sia stato preso”.
Come possiamo definire queste dichiarazioni? Penose? Vomitevoli? Forse possiamo definirle italiane. Ancora meglio: degne del numero uno dello sport italiano. Perfettamente in linea con le parole pronunciate anni fa dall’allora numero uno della Federcalcio Carlo Tavecchio poi scomparso (c’è di tutto, dal razzismo al sessismo, è una sorta di Bignami dei dirigenti dello sport italiano).
Verrebbe da chiedere: ma a quale scuola bisogna diplomarsi per diventare dirigente sportivo in Italia? L’istituto di rutto libero “Cloaca Massimo”? È francamente imbarazzante, oltre che nauseabondo, questo stillicidio di comportamenti e dichiarazioni sempre improntati al sessismo, al razzismo, all’omofobia. Comprendiamo che i dirigenti sono lo specchio del Paese ma ogni tanto ci accontenteremmo di un po’ di ipocrisia o comunque di qualcuno che alzi la mano e dica che non se ne può più. Magari qualche donna, atleta o ex atleta, potrebbe anche farsi sentire. Capiamo il rischio per la carriera ma, come dire: se non ora, quando?
Ormai dobbiamo sorbircene una al giorno. In settimana ci è toccato ascoltare il ministro dello Sport Abodi che avrà riflettuto giorni prima di partorire le sue imbarazzanti frasi su Jankto fresco calciatore del Cagliari che mesi fa ha dichiarato la propria omosessualità. Oh cielo. Abodi ha partorito questo capolavoro:
«Se devo essere sincero non amo, in generale, le ostentazioni, ma le scelte individuali vanno rispettate per come vengono prese e per quelle che sono». Ma quali sarebbero le ostentazioni? Essere omosessuali vuol dire ostentare? Roba di una gravità inaudita. Parla di omosessualità come se stesse parlando di qualcosa di disdicevole. Alla fine ha quasi ragione Vanzina quando dichiara: «Gli italiani hanno finito per imitare i personaggi messi in scena nei miei film». Scriviamo quasi perché la verità è che i Vanzina hanno solo riportato sui grande schermo la triste realtà di tutti i giorni.
Tornando ad Abodi, non pago il ministro ha proseguito: «La società probabilmente, in generale, ancora qualche passo in avanti può farlo. Per quanto mi riguarda è prima di tutto una persona e secondo è un atleta. Non faccio differenze di caratteristiche che riguardano la sfera delle scelte personali». Ha poi sentito il bisogno di aggiungere: «A esser corretti ho risposto dicendo: per me esistono le persone – precisa Abodi -. Ho parlato di rispetto per le scelte e, aggiungo con convinzione e per correttezza, per la natura umana. Rispetto è un valore non equivocabile, da garantire. Poi, posso non condividere alcune espressioni del Pride?»
Certo che può signor ministro. Noi possiamo dire che le sue dichiarazioni sono ributtanti? Ciascuno può tutto. Se poi lo fa a microfoni spenti e non si lascia beccare, tanto meglio.