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Becker: «Djokovic non è solo una macchina da tennis come sembra»

Al Guardian: «Puoi parlargli di affari, di politica, di musica, ed è un bravo ragazzo. Oltre Alcaraz ci sono anche Sinner e Rune»

Becker: «Djokovic non è solo una macchina da tennis come sembra»
2022 archivio Image / Cronaca / Boris Becker / foto Imago/Image

Boris Becker, ex campione di tennis ed ex carcerato, ha rilasciato un’intervista al Guardian:

«Se avessi chiesto a qualcuno nel 1985, “posso vincere Wimbledon?” la risposta sarebbe stata “no”. E penso che il 99% delle persone avrebbe detto che era impossibile difenderlo quando avevo 18 anni. Ma l’ho fatto».

Tanti i titoli vinti da Becker fra cui sei titoli del Grande Slam, una medaglia d’oro olimpica nel doppio. Poi, dall’apice agli abissi. Il crack finanziario, 231 giorni di carcere inflitti da un tribunale che ha stabilito che aveva agito “deliberatamente e disonestamente” nascondendo centinaia di migliaia di sterline dopo aver dichiarato il fallimento. Becker parla del ricambio generazionale nel tennis:

«Carlos Alcaraz è diventato numero 1 al mondo dopo aver vinto gli Us Open lo scorso anno. Ci sono molti altri giovani giocatori che bussano alla porta, tra cui Jannik Sinner e Holger Rune. Poi dobbiamo menzionare i russi: non ci piace farlo, ma dobbiamo perché sono abbastanza bravi».

Su Djokovic:

«La terra battuta non è la sua superficie migliore, ma negli ultimi due anni è riuscito a giocare meglio. Finché è in salute e finché vuole giocare, sarà sempre uno dei favoriti per vincere un Grande Slam. In realtà è un uomo molto estroverso, molto mondano. A volte si presenta come una specie di macchina da tennis. Ma quando non è nel suo ufficio, è molto interessante. Puoi parlargli di affari, di politica, di musica, ed è un bravo ragazzo. È anche un vero storico del tennis. Capisce chi c’era prima e vuole lasciare un segno. Cosa che ha fatto. Poi è un perfezionista, come tutte le superstar. Vuole giocare la partita perfetta, cosa che nel suo caso probabilmente è successa una o due volte».

In prigione gli hanno permesso di vedere Djokovic giocare la finale di Wimbledon, ma quello era un abbiente molto difficile per lui:

«Pensavo che avrei perso la vita a Wandsworth. Qualcuno, che ho scoperto dopo essere un assassino, voleva il mio cappotto e i soldi, ha detto che mi avrebbe ucciso se non l’avesse ottenuto. Ero molto emozionato quando ho visto Djokovic vincere Wimbledon. È stata una grande affermazione ed è un amico, quindi sono stato felice di vederlo vincere».

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