I fugaci miti del pubblico di Napoli: Russotto cui Lavezzi negò il primo (e unico) gol in serie A. Dopo Napoli, serie minori.
Il turn over non era ancora approdato a Napoli. Non era ancora approdato nemmeno Donadoni, figuriamoci. Era la stagione 2008-2009, la seconda stagione in serie A, proprio quella dell’avvicendamento in panchina. Il Napoli acquista Denis, Maggio, Rinaudo, Aronica e prende Andrea Russotto che arriva dal Bellinzona in prestito con diritto di riscatto. Del ventenne romano si parla un gran bene e ovviamente – come spesso accade a Napoli – la sua fama in panchina cresce a dismisura. Partecipò anche alla spedizione olimpica in Cina della Nazionale di Casiraghi: entrò all’ultimo momento al posto dell’infortunato Marchisio. Non giocò mai. L’Italia fu eliminata ai quarti dal Belgio di Vermaelen, Kompany, Fellaini, Dembele. Una rivista inglese lo inserì tra i cinquanta giovani calciatori più promettenti.
Quel Napoli partì molto bene, persino troppo. Sfiorò anche il primato in solitario. Pareggiò all’esordio a Roma 1-1 (la partita del treno mai devastato), sconfisse la Fiorentina in casa 2-1, vinse a Bologna (con esordio di Russotto), sconfisse la Juventus in casa, la Lazio fuori. Insomma, il Napoli di Reja volava. Dopo nove giornate aveva venti punti in classifica e una sola sconfitta (a Genova contro il Genoa per 3-2). Si andò a Milano a giocare contro il Milan. La partita arbitrata più da Gattuso che da Rocchi. Maggio espulso per doppia ammonizione nel primo tempo, Hamsik intimorito da Ringhio e non protetto dal direttore di gara. Rigore di Kakà parato da Iezzo (si alzò mezza tribuna di San Siro) e poi autorete di Denis su punizione di Ronaldinho nel finale.
Nulla di grave, se non che a Napoli come al solito stare ai piani alti provoca sempre le vertigini. E il nome di Russotto comincia a tornare in maniera sempre più prepotente tra i tifosi che cominciano a invocarlo a ogni partita al San Paolo. “Russotto, Russotto” è il grido che si leva soprattutto dalle tribune. E tutto quel che viene detto in settimana: “Russotto deve giocare” e quel che potete facilmente immaginare. Le accuse al povero Reja che già l’anno prima fu costretto – a furor di popolo – a convertirsi col 4-3-3 contro l’Empoli e ovviamente finì 1-3 per i toscani.
Nella giornata successiva, il Napoli batte la Sampdoria 2-0, è secondo in classifica e poi, immancabile, arriva la sconfitta nel finale a Bergamo contro l’Atalanta di Delneri e del figliol prodigo Bobo Vieri. Con conseguenti polemiche che potete facilmente immaginare. “Abbiamo trasformato Ferreira Pinto in Garrincha” e cose simili.
Si arriva così al 23 novembre, data non banale. Napoli-Cagliari (36mila spettatori). Allenatore dei sardi è un certo Massimiliano Allegri. Si va in vantaggio Con Hamsik, pareggia Lopez. Il pubblico si spazientisce. Si alza il grido “Russotto Russotto”. E Russotto entra. Al posto di Marek Hamsik. Mancano dieci minuti alla fine. Lavezzi segna il 2-1 su punizione e poi è lo stesso Pocho a negare il 3-1 a Russotto: tocca con il tacco il pallone destinato alla rete mentre è in netto fuorigioco. Il Cagliari pareggia all’ultimo minuto e calano le tenebre sul San Paolo e su Russotto che vede svanire il suo primo gol in serie A e lentamente finisce nel dimenticatoio. Entra a un quarto dalla fine nell’ultima partita vittoriosa del Napoli di Reja: 1-0 al Catania con gol di Maggio all’80esimo. Il Napoli è ancora nei quartieri alti, poi arrivano nove partite senza successi e l’esonero dopo la sconfitta in casa (0-2) contro la Lazio. Anche in questo caso, Russotto subentra. Con Donadoni, il Napoli disputa dieci partite e ne vince due.
A fine stagione, Russotto torna al Bellinzona. Da allora, ha girato parecchie squadre – Crotone, Catanzaro, Catania – ma non è più tornato in serie A. Le sue uniche presenze nel torneo della massima serie sono le 15 con il Napoli, mai dal primo minuto. Ricorderà probabilmente per sempre quel coro che si levava per lui. Un giorno potrà raccontare: “Il San Paolo mi acclamava”. Ed è vero.