Al Milwaukee Journal: «Lo psicologo mi ha aiutato molto. Non solo a essere un giocatore migliore e a gestire la pressione, ma a essere una persona migliore»
Essere una stella Nba costringe a dover subire, ogni giorno, pressioni mediatiche e sportive spaventose. Ancora di più se pensiamo a quanto sia sentito lo sport in America, soprattutto il basket. Immaginate questa pressione sulle spalle (seppur forti) di un ragazzo di 2 metri e 11, uscito fuori dal nulla della Grecia e diventato il miglior giocatore della più importante lega di basket del mondo. Eppure, anche Giannis Antetokounmpo ha pensato seriamente di fuggire da quel mondo, logorato da tutte quelle pressioni. Lo ha fatto nel 2020, dopo aver firmato il contratto più oneroso della storia del basket americano.
Antetokounmpo, from zero to hero
Proprio il cestista di origini nigeriane, poi diventato greco, ha spiegato in una sua recente intervista al Milwaukee Journal quali siano stati i suoi pensieri all’alba di quella che fu la stagione del Covid per la Nba, costretta a chiudersi nella bolla di Orlando per chiudere la regular season e far iniziare i playoff più particolari della storia recente dell’associazione. In particolare, fu un evento a scatenare in lui un profondo senso di insicurezza:
«Mi trovavo ad Orlando. Stavo camminando vicino all’hotel e c’erano tre bambini, l’albergo si trovava a 5 minuti da Disney World. La signora che era con loro probabilmente era la nonna, aveva 55-60 anni, aveva l’età di mia mamma. E i bambini erano molto piccoli: 5, 6 o 7 anni. La signora chiese loro: “Ehi, sapete chi è quello?”. No, non ne avevano idea. “Quello è il miglior giocatore del mondo” disse allora».
Aveva pensato di ritirarsi.
«Per essere il migliore, devi giocare sempre al meglio. Devi allenarti al meglio. Devi prenderti la massima cura di te stesso, e non è facile. La gente pensa che io la gestisca bene per via della mia personalità, ma è dura. Non è facile. Nel 2020 ero pronto a ritirarmi. Ne parlai anche qualche volta con il front office. Se qualcosa non mi rende felice, non la voglio fare. Voglio rimanere a casa con i miei figli, la mia famiglia e provare ad essere felice. Del resto non mi interessa».
Disposto a tutto per tornare a sorridere
Era pronto a tutto, pur di essere libero da quelle pressioni che aveva il terrore lo potessero spezzare in due sul più bello. Anche rinunciare al contratto più oneroso mai offerto a un giocatore. Nonostante la sua importanza a livello sociale e sportivo, Antetokounmpo si sentiva fragile. proprio per questo motivo, ha deciso di farsi aiutare anche lui, dimostrando come anche le figure più grandi hanno bisogno di una mano:
«Tutti mi guardavano come se fossi pazzo. “Hai firmato il contratto più importante della storia Nba e ora vuoi ritirarti?”. Cavolo, potete prendere tutti quei soldi e buttarli nel gabinetto! Iniziai ad andare da uno psicologo, mi ha aiutato molto. Non solo ad essere un giocatore migliore e a gestire la pressione, ma anche ad essere un miglior partner, un miglior padre, un migliore fratello e un miglior figlio. Una persona migliore. A non rimanere chiuso in me stesso, ma a comunicare agli altri come mi sento».