L’allenatrice al centro dello scandalo: «Le ragazze sono profondamente ferite, si sentivano dire “siete voi quelle anoressiche?” Un delirio»
“Il tecnico più vincente dello sport italiano è ancora al suo posto”, così la Gazzetta dello Sport presenta l’intervista a Emanuela Maccarani l’accusata numero uno per i presunti abusi sulle atlete della ginnastica ritmica della Nazionale. È rimasta al suo posto anche se ufficialmente non sarà più direttrice tecnica dell’Italia ma solo allenatrice.
«Come sto? Mi sento in balia degli eventi. La mia figura associata a quelle due parole, “vessazioni” e “maltrattamenti”, non mi va giù.
«Sono ferite profondamente. Quando è scoppiato il caso, alle ragazze è capitato di uscire dall’Accademia e sentirsi dire “Poverine, ma vi fanno stare così male? Avete fame?” oppure “Voi siete quelle anoressiche?”. E poi la tv, che mostrava i loro bellissimi esercizi con sotto il commento sulle presunte violenze e i maltrattamenti. Un delirio.
Delle accuse nei suoi confronti dice:
«C’è qualcosa dietro. Qualcuno magari pensava che questa squadra finisse dopo i Giochi di Tokyo. Poi queste 200 denunce, va verificato se sono della ritmica oppure no.
«(…) Alle più giovani viene concesso un anno di ambientamento, considerando che entrano in un ritiro praticamente perenne. Noi rigide? Finito l’allenamento, fanno quello che vogliono, magari le più piccole vanno al cinema con la tutor, mentre le grandi organizzano aperitivi, discoteca, oppure stanno con il fidanzato. Le capisco, sono la prima a dire che non è facile, ma sentirmi dare della disumana mi ferisce. Per fortuna che le atlete mi ripetono continuamente che un altro ambiente come questo non esiste»
«Se mi siedo un attimo e penso a Emanuela mi verrebbe da dire “finiamola qui”. La botta è tale che ci metteremo almeno sei anni a riprenderci. Le offerte dall’estero non sono mai mancate, ma tutto il mondo sa che io voglio stare in Italia. Non sono un’arrivista, non sono neanche così agonista, a me piace proprio l’essenza del lavoro, creare nelle ginnaste la prospettiva di poter andare oltre, andare tutti i giorni in palestra e ricominciare con tutte le problematiche che ogni giorno si presentano. Di qualsiasi tipo. E tu devi essere sempre lì, ci sono stata per sei Olimpiadi. Eppure sto bene e faccio del bene, non sarebbe così da trent’anni se fossi cattiva come qualcuno vuol far passare».