El Mundo racconta la storie della Nazionale che agli ottavi di finale in Qatar sta per sfidare l’Argentina di Messi
L’Australia che si prepara ad affrontare l’Argentina agli ottavi di finale è una squadra che ha fatto della determinazione il suo credo calcistico. Il ct Graham Arnold usa spesso Mitchell Duke come esempio. L’attaccante si è affacciato al calcio professionistico grazie all’attuale ct. Prima di diventare un calciatore, racconta El Mundo, l’australiano “ha fatto i turni di notte come impiegato all’aeroporto di Bankstown (dalle dodici di sera alle sette del mattino), per proseguire il giorno successivo con un lavoro come trasportatore e un altro come venditore in un negozio di ricambi per auto. Ha giocato a cricket fino a 12 anni, aveva la necessità di aiutare la sua famiglia (da bambino si è abituato a indossare abiti usati o quelli di una delle sue sei sorelle maggiori) e poi ha provato a fare l’elettricista. Fino a quando non ha incrociato la strada di Graham Arnold, l’attuale allenatore, che lo ha reclutato per i Central Coast Mariners”.
Quella di Duke non è l’unica storia particolare nella nazionale australiana. Ci sono anche quelle di Awer Mabil, Thomas Deng e Alou Kuol, tutti e tre finiti nei campi profughi per scappare dalla guerra. Mabil, che gioca nel Cadice, è figlio di immigrati kenioti, mentre Deng e Koul sono figli di immigrati del Sud Sudan.
La storia più particolare dei Socceroos è però quella di Harry Souttar.
El Mundo scrive:
“Harry Souttar, il giocatore più alto della Coppa del Mondo (1,98 m), è uno scozzese di Aberdeen che non aveva mai messo piede in Australia dove è nata sua madre. Harry ha trasformato la sua partecipazione al Mondiale in un omaggio a un suo fratello scomparso a soli 42 anni.”