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De Zerbi: «Il mio calcio mi identifica come persona», e Guardiola dice che è “controculturale”

Il “complimentismo” di Guardiola colpisce ancora. E il tecnico Brighton si scioglie: “Lui per me è il miglior allenatore degli ultimi 30 anni”

De Zerbi: «Il mio calcio mi identifica come persona», e Guardiola dice che è “controculturale”
Db Milano 24/11/2021 - Champions League / Inter-Shakhtar / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Roberto De Zerbi

Roberto Zerbi è sempre stato un grande fan di Pep Guardiola. Il tecnico del City è il santo patrono della generazione di tecnici col “mio gioco”. Quelli che Ronaldo adesso sfotte (“pensano di aver trovato l’ultima Coca Cola nel deserto”). Figurarsi quando Guardiola l’ha definito, proprio lui, De Zerbi, “un allenatore controculturale” rispetto alla tradizione italiana.

L’allenatore della rivoluzione Sassuolo, ora al Brighton, ha incassato in sollucchero:

“Se pensa che io reputo Guardiola il migliore allenatore degli ultimi 30 anni della storia del calcio – ha detto intervistato da Sky – può pensare a come mi abbia fatto piacere, poi non so se sono stato contro culturale. Non mi piace andare per scelta nella direzione opposta.  Però, se sono convinto che sia la direzione giusta, ci vado e ci vado anche con forza. Senza farmi troppi problemi: ma non lo faccio perché voglio fare il bastian contrario. Io vedo un certo tipo di cose nel calcio, che tra l’altro mi rappresentano, mi identifico in quelle anche come persona, per cui mi viene facile richiedere queste cose”.

In realtà Guardiola elogia più o meno tutti, da sempre. Soprattutto gli avversari. Non c’è allenatore che l’abbia affrontato che alla vigilia non fosse definito da Guardiola come “un grande allenatore”. C’è chi lo sa, e ringrazia con distacco. C’è chi come Sarri se l’è messo a curriculum.

De Zerbi, poi, nell’intervista spiega che al Brighton è dovuto “entrare in punta di piedi”, dopo Potter: “Ho iniziato a mettere dentro, piano piano, le mie idee. Soffrendo, perché avrei voluto fare di più. Mi davo i pizzicotti per fare meno, però adesso siamo già a buon punto”.

E anche lui racconta le differenze col calcio italiano dall’Inghilterra: “In Premier c’è una mancanza totale di pressione sui giocatori, e in Italia, qualsiasi categoria tu faccia, vai in ritiro il giorno prima e sembra di andare a fare un ritiro spirituale. In Inghilterra è tutto un altro mondo, c’è il day off: il giorno di riposo a metà settimana, che io faccio fatica ad accettare perché mi sembra di perdere un giorno di lavoro e invece per loro è sacro”.

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