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Elmas è il simbolo della forza e profondità della rosa del Napoli

È riserva perché davanti a lui ha calciatori fortissimi. Il gol di ieri ne è un esempio. Ha gamba, è forte nei contrasti, ha tecnica, dovrebbe tirare di più

Elmas è il simbolo della forza e profondità della rosa del Napoli
Db Bergamo 05/11/2022 - campionato di calcio serie A / Atalanta-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: gol Eljif Elmas

La forza di Elmas

È proprio vero, quello che alla fine traspare chiaro e limpido dalla partita di Bergamo è che al Napoli è bastato accelerare per 15 minuti per riprendersela e portare a casa i tre punti.

Al netto di un paio di sbavature difensive (la prima, dopo due minuti, è in realtà molto grossolana, con Olivera e Juan Jesus che a “palla scoperta” perdono secondi che potevano costare caro, cercando quel passo avanti per cercare mettere in fuori gioco l’attaccante avversario quando invece,  secondo chi scrive, avrebbero già dovuto scappare verso la propria porta), il Napoli ha davvero spinto sul pedale per un quarto d’ora soltanto,  giusto il tempo per ristabilire l’ordine frustrato dal calcio di rigore giustamente assegnato all’Atalanta.

Sbavature difensive che, peraltro, sono state in modo impeccabile rappezzate da Meret, che in entrambe le occasioni, con riflessi, freddezza, reattività e forza fisica da grande portiere compie due grandissime parate (quella su Maehle è superlativa).

I due gol sono bellissimi.

Sul primo, Zielinski va a battere il calcio d’angolo nella zona di sinistra per chi attacca, appoggia subito il pallone ad Elmas e gli passa dietro per riceverlo sulla corsa e sul destro, così da poter crossare a blocchi avversari rotti.

Questa giocata è un classico: serve per dare al ricevente del pallone dopo lo scambio corto – e cioè al giocatore che si sceglie come esecutore finale del cross o, perché no, quando c’è spazio per accentrarsi ancora di più per provare il tiro – appunto la possibilità di mettere il pallone in area dopo che, proprio grazie al fatto che il pallone non vi arriva dalla battuta diretta dal corner ma da un’azione in movimento, la difesa avversaria ha perso in alcuni effettivi le marcature ed i riferimenti dei possibili colpitori di chi attacca.

Così avviene, infatti.

Zielinski, colpevolmente non marcato con un apposito/preventivo raddoppio di uomo dall’Atalanta, ha il tempo di ricevere il pallone, guadagnare campo (seppure in quella posizione defilata), guardare in area ed accorgersi che Anguissa ed Osimhen stanno prendendosi lo spazio, uno dietro l’altro, al centro dell’area piccola.

Il polacco pennella il cross proprio in quella zona, imprimendo al pallone una traiettoria a scendere ed a rientrare verso la porta: si direbbe quasi un pallone buono per due, tanto è vero che Anguissa lo manca per poco dopo una notevole elevazione in terzo tempo, mentre invece subito dietro di lui Osimhen la colpisce in pieno, staccando da fermo (si accorge, infatti, che deve fermare la sua corsa altrimenti va fuori tempo) e con una torsione di corpo e collo con cui riesce ad imprimere al pallone la giusta frustata per superare il portiere avversario.

Spesso, in situazione di mischia, chi salta dietro a quello che ha saltato più in alto ma senza aver preso il pallone, fa gol: così è anche questa volta.

Che personalità, il nigeriano: pochi minuti dopo aver causato ingenuamente il rigore, si va a riprendere la partita facendo l’ennesimo pesantissimo e bellissimo gol, confermando ancora una volta che il colpo di testa rientra tra le sue moltissime specialità.

E che partita, ancora una volta, quella di Osimhen: come al solito, fa reparto da solo quando si tratta di tenere impegnato il blocco difensivo avversario vuoi per il pressing che oppone nella loro costruzione da dietro,  vuoi per la capacità, sempre più evidente partita dopo partita, di fungere da uomo su cui giocare la palla lunga per agevolare la risalita del campo della propria squadra.

Ormai con errori (tecnici, di lettura di giocate e di movimenti) ridotti davvero al lumicino.

Non a caso, c’è il suo zampino anche nel secondo gol.

Che nasce da un suo duello vinto contro il difensore avversario con cui si getta nello spazio a contendersi la palla lanciata da Anguissa, un duello a avviso di chi scrive vinto molto di più per furbizia e sagacia tecnica che per forza fisica.

A ben (ri) guardare l’azione, infatti, si percepisce che la chiave della vittoria in questo duello sta nel doppio gesto tecnico di Osimhen, che per ben due volte, dopo quasi aver perso il pallone tra le gambe del difensore avversario, capisce in un nano secondo dove (e come) lo stesso pallone sta per essere perso e:

i) dapprima, quasi infila la gamba sinistra tra le due dell’avversario per dare alla palla, sempre con il piede sinistro,  quel piccolo colpo che gli consente di ributtarla in avanti per continuare un  duello altrimenti perso; ii) poi, sempre usando la parte sinistra del corpo, regge l’urto del difensore che cerca di riprendersela e si consente, così, di guadagnare quella frazione di secondo grazie alla quale può passare indisturbato ad Elmas che sta arrivando a rimorchio per chiudere l’azione.

La palla arriva, quindi, ad Elmas che mentre la sta ricevendo fa un leggero passo verso di lei ed accenna, così, un leggero movimento ad andarle incontro, ma invece la lascia sfilare mandando a vuoto l’intervento del difensore avversario.

Controllo di sinistro, tiro di sinistro, gol.

Un gol bellissimo per:

– lucidità (mantenuta dopo aver accompagnato la corsa del compagno per quaranta metri);

– tecnica (il controllo con quel contro-movimento e poi il tiro, entrambi effettuati non con il suo piede naturale);

– pragmaticità (il centrocampista del Napoli si accorge subito che se avesse calciato d’incontro con il destro la traiettoria sarebbe stata bloccata proprio da quel difensore che ne aveva letto la giocata);

– e lettura della situazione di gioco (va a riempire l’area, con ineccepibile movimento da esterno dei tre in avanti, chiudendo lo spazio tra lui ed il compagno ma attendendo il pallone in una zona a non alta densità di avversari per avere più soluzioni al momento della ricezione del pallone).

Elmas è, sempre ad avviso di chi scrive, il simbolo della forza e profondità della rosa del Napoli e, ci sia consentito, della scarsa conoscenza calcistica di chi si trova a commentare (tanto nei bar, quanto nelle trasmissioni a ciò deputate) il calcio.

Non solo, infatti, il giocatore macedone testimonia quanto forti siano quelli che gli vengono preferiti (e quindi, di converso, quanto forte sia la rosa di una squadra che può permettersi di non utilizzare più spesso un  giocatore con le caratteristiche che stiamo analizzando).

Ma Elmas è, proprio per questo ed al di là di questo, in ogni caso un giocatore che ha tutto (e dicasi tutto) del giocatore moderno di alto livello.

Ha corsa, anzi una facilità di corsa che gli consente, con frequenza quantitativa che non va mai a scemare, di coprire il campo in lungo ed in largo, ora accompagnando l’azione offensiva della squadra andandola a chiudere in area (come nel secondo gol), ora rinculando tanto nella zona dei centrocampisti (in particolare: da quinto esterno in fase difendente), quanto addirittura nella linea dei difensori non facendo mai mancare peso e forza fisica nei raddoppi sul portatore di palla avversario o nelle scalate verso il ricevente avversario.

È forte nei contrasti, con buonissima percentuale di palloni recuperati anche grazie a duelli fisici con cui sradica la palla all’avversario rimanendo in piedi e mostrandosi subito ponto ad avviare l’azione di contropiede.

Ha tecnica sopraffina, usando perfettamente entrambi i piedi nel controllo di palla, nel palleggio, nel dribbling ed in ogni altro movimento con il pallone, ciò che gli consente sia di essere utilizzato nella catena di costruzione della zona di campo in cui viene schierato, sia di puntare il suo uomo diretto e di saltarlo senza particolari problemi.

Ha un ottimo tiro, che dovrebbe forse usare un po’ di più.

Vede corridoi di passaggio tipici della visione di gioco dell’assist-man.

Salta di testa.

Insomma, Elmas ha doti notevoli che gli consentono di essere utilizzato in più parti e zone del campo, e ciononostante, invece di esser incensato per questo, e cioè invece di essere contenti di avere un giocatore così in grado di fungere tanto da ottimo jolly nei primi undici che entrano in campo, quanto da ottimo dodicesimo alla bisogna, viene accusato, con atteggiamento contrario, di non saper fare nulla bene.

Mi piacerebbe, tuttavia, chiedere a chi si lascia andare a questi giudizi così geniali, se nel mazzo delle grandi squadre riuscirebbero a trovare, per esempio, giocatori tali da essere preferiti ad Anguissa o Lobotka o Zielinski o Kvaratskhelia.

Perché, non scordiamolo, sono questi quelli con cui il macedone compete.

Ne trovate a fatica, vero?

Buona domenica a tutti.

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