Quel ciondolare per il campo, senza sapere quasi cosa fare e poi partire a testa bassa, dinoccolato, irresistibile. E anarchico. Come Kvicha
Gigi Meroni
Un paragone azzardato, forse fuori tempo calcisticamente e socialmente. Dal 1967 al 2022, sono tanti troppi anni. Sono passate generazioni, sono arrivati i social e tutto è cambiato, probabilmente artefatto e condizionato. Il calcio è sempre più agonismo, atletismo, schemi rigidi, bellezza più che risultati, imposizioni di allenatori (diventati i veri depositari, le star mediatiche del verbo calcistico, purtroppo) a giocatori che invece dovrebbero essere lasciati liberi di esprimere le proprie capacità, il proprio estro, la propria classe, la propria spontaneità. Ma allora perché mi viene da paragonare il nostro Kvaratskhelia a Gigi Meroni, splendida ala (se si può ancora identificare così un ruolo di squadra, il famoso numero 7…) del Torino morto in un incidente stradale a 24 anni nel 1967? Si possono paragonare, assolutamente.
Stiamo parlando di due campioni, con caratteristiche tecniche simili. A cominciare dall’anarchia, del rifiuto di seguire gli schemi, le indicazioni degli allenatori. Meroni ha vissuto nel pieno della contestazione giovanile, portava barba e capelli lunghi perché così si protestava allora contro il sistema (lo chiamavano Calimero). Dipingeva anche. Un contestatore anche in campo, fuori da ogni regola e per questo tremendamente forte e imprevedibile. Un giocatore che venne paragonato per la sua tecnica al fuoriclasse inglese George Best. Serpentine, dribbling, palla non passata ai compagni, discese imprevedibili a folle velocità di oltre 50 metri e gol…
Si ricordano le mobilitazioni dei tifosi del Genoa, in cui giocava nel 1964, quando fu ceduto al Torino. Giocò anche in nazionale con Edmondo Fabbri ma per le divergenze con il tecnico (ma va?) ebbe problemi di presenze. Il suo stile di gioco gli valse il soprannome di “farfalla”, con libri e canzoni e film a lui dedicati. Tutto si interruppe la sera del 15 ottobre del 1967, in corso Re Umberto a Torino, dopo la partita contro la Sampdoria (vinta dai granata). Meroni stava attraversando la strada e venne investito da più automobili. Sul luogo dell’incidente il comune di Torino ha posto un monumento commemorativo.
Il quadro di Gigi Meroni, a grandi linee, è questo, quello di un campione con un inizio folgorante di carriera (vittorie con il Genoa, passaggio al Torino di Nereo Rocco per la cifra record di allora per un giocatore di soli 21 anni, 300 milioni di lire). Ed è l’inizio che noi stiamo vedendo per il georgiano di casa nostra. In Kvaratskhelia non si possono non ritrovare le caratteristiche, la postura del campione del Torino. A partire, perché no, dal viso con barba e capelli lunghi. E poi quel ciondolare per il campo, senza sapere quasi cosa fare e poi partire a testa bassa, dinoccolato e dando la sensazione di perdere la palla ad ogni occasione, pronto a fare il passaggio decisivo per il compagno di reparto o il gol che lascia tutti a bocca aperta.
Anarchico anche lui, ciò permesso da Spalletti forse ma mi piacerebbe pensare contro le indicazioni di Spalletti (che lo rimprovera spesso), e pronto a passare da una fascia all’altra del campo e incidere sempre in maniera determinante. Insomma un Meroni 2.0 cinquantacinque anni dopo. Non c’è nulla di male, anzi c’è la gioia di vedere – purtroppo sempre meno – una espressione di gioco istintiva e spontanea e soprattutto produttiva, non fine a se stessa. Un grande giocatore Kvara che mi richiama (ero piccolo ma ne ho ricordo) quello splendido calciatore che era Meroni. E spero che da lassù, insieme a Diego Maradona, ispiri sempre più il nostro campione georgiano.