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Come si mette in difficoltà il Napoli di Spalletti

Come Lecce e Spezia, la Cremonese ha abbassato il baricentro, chiuso gli spazi e marcato a uomo Lobotka e Anguissa. La squadra ancora non regge il 4-2-3-1

Come si mette in difficoltà il Napoli di Spalletti
Mg Cremona 09/10/2022 - campionato di calcio serie A / Cremonese-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Giovanni Di Lorenzo

Le difficoltà del Napoli, di nuovo

Dal punto di vista puramente tattico, Cremonese-Napoli è una partita in perfetta continuità con la stagione della squadra di Spalletti. Che ha manifestato i suoi consueti – storici, si potrebbe dire – problemi nel forzare sistemi difensivi più chiusi, cioè meno ambiziosi, rispetto a quelli di Torino e Ajax. Ma in cosa consiste questa diversità, questo delta negativo di ambizione? E ancora: quando e perché si manifestano le difficoltà del Napoli contro certi avversari?

Tutto parte e poi discende dall’idea di spazio. Di spazio da lasciare tra i reparti, soprattutto tra difesa e portiere. Torino e Ajax ma anche Liverpool e Milan, seppure in maniera diversa, sono squadre che difendono lasciando porzioni di campo piuttosto ampie senza presidi, soprattutto nella propria trequarti. La Cremonese di Alvini, esattamente come Lecce e Spezia, prova a fermare gli avversari con un altro atteggiamento: tiene il baricentro basso e così non lascia grandi margini alle verticalizzazioni avversarie. Per capire cosa intendiamo, ecco i dati della Lega Calcio sul baricentro e uno screen piuttosto eloquente:

In alto, i dati del baricentro medio di Cremonese e Napoli in fase di non possesso; sopra, i due blocchi bassi difensivi predisposti da Alvini secondo lo schieramento 4-4-2

Per come gioca il Napoli di Spalletti, Cremonese e squadre similari diventano avversari scomodi, rognosi, complicati da battere. Anche perché in realtà Alvini ha fatto altre scelte di contenimento piuttosto nette, che hanno finito per inaridire ancora di più il gioco degli azzurri. La più evidente è stata il passaggio a un modulo speculare in fase difensiva rispetto a quello del Napoli, una sorta di 4-4-2 che diventava 4-4-1-1 e che determinava delle marcature a uomo fisse sui tre centrocampisti del Napoli. La coppia più inscalfibile è stata quella composta da Felix Afena-Gyan e Lobotka, con l’ex giocatore della Roma sistematicamente sulle tracce del pivote polacco; le altre due mezzali, Ascacíbar e Meité, seguivano invece Anguissa e Ndombélé.

Come scritto da Massimiliano Gallo nella sua analisi a caldo pubblicata nel post-partita, abbiamo assistito alla prima prova sotto tono di Anguissa in questa prima fase di stagione. Tutto vero, tutto giusto, ma il merito è stato anche – se non soprattutto – della marcatura di Meité e ovviamente di Alvini, che ha predisposto questo meccanismo tattico. Meité è infatti uno dei pochissimi centrocampisti di Serie A in grado di reggere il confronto fisico e tecnico con Anguissa, ed effettivamente ha finito per limitarlo. Lo dicono i numeri: Meité ha accumulato 8 palloni recuperati, la seconda quota assoluta di Cremonese-Napoli dopo quella di Quagliata (10). Lo stesso Anguissa, pur risultando – curiosamente – il giocatore del Napoli con più tiri tentati, addirittura 4, ha messo insieme solamente 2 eventi difensivi, un duello aereo vinto e un passaggio chiave su 81 palloni giocati.

Spalletti

Nei tre cerchi, le coppie di marcatura formate da Alvini: Afena-Gyan su Lobotka, Ascacíbar su Lobotka e Meité su Anguissa

Il piano-gara di Spalletti

Spalletti ha iniziato la partita rispolverando un vecchio meccanismo utilizzato dal Napoli ai tempi di Ancelotti: la costruzione arretrata a tre, con Di Lorenzo braccetto di destra sulla linea dei due centrali. Col passare dei minuti, però, lo schema del Napoli in fase offensiva si è evoluto naturalmente in un 2-1-4-3, con Lobotka pivote, due mezzali pure e Di Lorenzo e Mário Rui sulla loro linea, subito alle spalle del tridente. Con questo sistema e con Raspadori schierato di nuovo al centro dell’attacco, l’idea di Spalletti era quella di manipolare la difesa della Cremonese attraverso un possesso palla ricercato, sofisticato. Attraverso una risalita del campo che coinvolgesse anche l’ex Sassuolo, sempre abile a muovere i centrali avversari senza dar loro dei punti di riferimento posizionali. Lo si vede chiaramente dalla mappa che mette insieme tutti i palloni giocati dall’attaccante della Nazionale:

Spalletti

Tutti i palloni giocati da Raspadori

Perché questi continui movimenti tra le linee avessero effetto sui blocchi bassi della Cremonese, c’era bisogno di un qualcosa in più da parte degli altri giocatori offensivi. Di una variabile difficilmente leggibile. Di un’intuizione in grado di mandare in tilt le marcature, le scalate, le coperture preventive dei giocatori di Alvini. A trovare questa intuizione, manco a dirlo, è stato Kvicha Kvaratskhelia. Al minuto 23′, un suo taglio profondissimo verso la zona di destra ha determinato l’uno contro uno che ha portato al rigore di Politano.

Guardate bene i movimenti di Raspadori e Politano

Pur essendo lenta, l’azione in verticale del Napoli ha sorpreso la difesa della Cremonese. È molto importante il movimento elettrico di Raspadori, ma come detto l’idea decisiva è quella di Kvaratskhelia, che va a prendersi uno spazio lasciato libero da Politano – a sua volta, l’esterno ex Inter si era proposto per uno scambio breve. Sono tutti sincronismi che hanno funzionato, e che hanno permesso all’esterno georgiano di azionare le sue doti evidentemente fuori scala, di puntare direttamente l’avversario. Guardandolo occhi negli occhi. Sfidandolo in area di rigore.

Una cosa importantissima da sottolineare, nell’azione personale di Kvara che porta al fallo di Bianchetti, è la sua efficacia anche in un’altra zona di campo. L’attaccante georgiano, infatti, si trovava dal lato opposto rispetto a quello in cui agisce di solito, convergeva in area portando palla sul sinistro. Su quello che, in teoria, sarebbe il suo piede debole. E invece le finte e la percussione hanno sortito lo stesso identico effetto: Bianchetti è stato ingenuo ad affondare il contrasto, ma in ogni caso non sarebbe riuscito a contenerlo. Questa capacità di variare è una ricchezza inestimabile per il Napoli. Ce ne siamo accorti a Cremona: è così che gli azzurri sono passati in vantaggio in una partita piuttosto bloccata. Contro una Cremonese che aveva trovato il modo per inibire il gioco dei suoi avversari. E che nel secondo tempo sarebbe riuscita a metterli ancor più in difficoltà.

I cambi di Alvini

In apertura di ripresa, il tecnico della Cremonese ha fatto una sostituzione semplice e rischiosa: ha inserito un attaccanteOkereke, al posto dell’esterno Zanimacchia. In questo modo è passato al 4-4-2 puro, e si è trattato di un grande azzardo. Perché il Napoli, alla prima azione della ripresa, ha sfruttato subito la nuova superiorità numerica a centrocampo e ha creato le condizioni per segnare il gol del raddoppio. Sono bastati un passaggio tra le linee per Anguissa e un movimento a pendolo di Raspadori per aprire uno spazio enorme, solo che poi la (doppia) conclusione è stata ben contenuta da Radu.

Tutto molto semplice

Pochi secondi dopo, Alvini è passato all’incasso. Perché il gol del pareggio è stato molto casuale, vista e considerata la deviazione sul tiro di Ascacíbar che mette Dessers solo davanti alla porta, ma la presenza di molti uomini in area e al limite dell’area discende proprio dal cambiamento tattico voluto dall’allenatore della Cremonese. Si vede chiaramente dalla posizione degli attaccanti grigiorossi nel momento in cui Ascacíbar carica il tiro che poi finirà sui piedi di Dessers:

Spalletti

Tre attaccanti contro tre difensori del Napoli al centro dell’immagine; e in più, fuori inquadratura, c’è Felix Afena-Gyan dalla parte di Mário Rui.

A questo punto, il Napoli ha un po’ barcollato. Nel senso che ci ha messo qualche minuto (di troppo) a prendere le misure del nuovo schieramento della Cremonese. E a riprendere il controllo della palla e quindi della partita. In realtà sono successe anche alcune cose piuttosto significative. La prima è che Spalletti ha inserito Simeone al posto di Ndombélé, e per chi scrive si è trattato di un errore: una volta assorbita l’onda emotiva del pareggio della Cremonese, al Napoli sarebbe servito consolidare la superiorità numerica – il tre contro due – a centrocampo piuttosto che passare al 4-2-3-1; Alvini è poi tornato parzialmente sui suoi passi, sostituendo l’infortunato Afena-Gyan con un centrocampista centrale piuttosto statico come Escalante. Forse per questo Spalletti si è rimangiato il cambio precedente e ha inserito Zielinski per Raspadori e Lozano per Politano, tornando di fatto al 4-3-3. Tre minuti dopo, ecco il gol di Simeone.

Uno dei cross più belli di questo inizio di stagione in Serie A

Non c’è molto di tattico in questa rete, visto che si tratta di un’azione nata da un calcio d’angolo risputato fuori dalla Cremonese. In ogni caso, vanno apprezzate la traiettoria piena d’effetto del cross di Mário Rui e la grande lettura di Simeone, bravissimo a rimanere appostato sul secondo palo e a impattare perfettamente il pallone con la fronte. L’ingresso del Cholito – e il discorso sarebbe valso anche con Osimhen – ha ampliato le possibilità offensive del Napoli, ha dato a Spalletti la possibilità di attaccare con metodi diversi. Per esempio con traversoni del genere, che Raspadori non avrebbe potuto sfruttare.

Difesa e contropiede

In qualche modo, viene da dire, Spalletti ha riconquistato il vantaggio grazie al suo tentativo – quindi grazie alla sua capacità – di sfruttare tutte le opportunità offerte dal suo organico. Una percezione che diventa certezza se andiamo a rivedere quello che è successo dopo il gol dell’1-2: con Ostigard al posto dell’infortunato Rrahmani e Olivera al posto di Mário Rui, il Napoli ha attivato la modalità trincea e ha saputo convivere con questa condizione. I numeri, in questo senso, sono eloquenti: pur nell’ambito di una partita finita con percentuali di possesso bulgare, addirittura 70% Napoli e 30% Cremonese, nell’ultimo quarto d’ora la squadra di Alvini ha tenuto il pallone per il 50% del tempo a disposizione. Nonostante questo cambio di tendenza, ha tentato la conclusione solo per una volta.

Da parte loro, quindi, gli uomini di Spalletti sono stati in grado di difendersi in una maniera che non gli appartiene. Di farlo senza soffrire, nonostante l’ingresso di un’altra punta pura – e anche molto fisica – come Daniel Ciofani. Ma non è tutto: sono arrivati altri due gol, uno con un contropiede vecchio stile dopo una ribattuta della difesa. Tre tocchi in verticale e una sporcatura per lanciare Kvaratskhelia. Poi un assist dolcissimo del georgiano per il primo gol stagionale di Hirving Lozano. Il messicano è così diventato il 13esimo giocatore della rosa di Spalletti ad andare a segno. Pochi secondi dopo, è arrivato anche il timbro del calciatore numero 14: quello di Mathias Olivera.

Tutto in verticale

Dal punto di vista della pura evoluzione tattica, Cremonese-Napoli non ha aggiunto molto nel portfolio della squadra di Spalletti. L’unico cambiamento reale, l’inserimento di Ndombélé nel 4-3-3 iniziale, non ha prodotto risultati significativi: l’ex Tottenham è parso sicuramente in crescita rispetto alle prestazioni fornite a inizio stagione, ma non sembra ancora in grado di prendersi sulle spalle il peso del centrocampo del Napoli, di rappresentare un’alternativa credibile a Lobotka e/o Anguissa. Allo stesso modo, il ritorno (solo momentaneo) del 4-2-3-1 è stato poco funzionale: evidentemente il Napoli non è ancora pronto a sostenere questo sistema, o comunque ad abbandonare il 4-3-3 e alcuni meccanismi che oggi funzionano fin troppo bene. Forse le cose cambieranno proprio quando – e se – Ndombélé riuscirà a esprimersi in maniera davvero convincente.

Conclusioni

Queste notizie poco incoraggianti non devono però oscurare i numerosi segnali positivi: il 4-3-3 di Spalletti è un sistema molto più fluido di quello che sembra, infatti a Cremona si è deformato e si è espresso in molti modi diversi. Basti pensare al modo in cui è arrivato il gol del vantaggio, a come il Napoli sia cambiato radicalmente dopo gli ingressi di Simeone e Zielinski, di come la squadra riesca a rimanere quasi equilibrata pur alternando, all’interno della stessa partita, giocatori e stilemi tattici così diversi tra loro. In questo senso, l’impatto di Simeone tiene in caldo anche il posto di Osimhen: in una gara come quella contro la Cremonese, la fisicità dell’attaccante nigeriano sarebbe stata essenziale per vincere. Proprio come lo è stata per il Cholito.

In virtù di tutto questo, Spalletti deve insistere sulla strada tracciata finora. Sull’idea di cambiare, di sperimentare. È grazie a questo atteggiamento che il periodo d’assenza di Osimhen, che l’anno scorso aveva portato il Napoli a perdere il primo posto in classifica dopo un grande inizio, stavolta è stato vissuto in maniera esattamente opposta. Il Napoli è primo da solo proprio perché ha saputo trovare dentro di sé – dentro un organico vasto ma anche coerente con una certa identità tattica – un modo sempre diverso di vincere le partite. Persino quelle contro avversari come la Cremonese. Quelle che amiamo definire sporche, contro squadre che lasciano poco spazio tra la difesa e il portiere. Anche questa è una novità, in fondo, rispetto al passato. Probabilmente è la più importante di tutte.

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