È lui che avvia la rimonta alla Lazio sradicando quel pallone a Milinkovic. E poi mostra tutto il suo repertorio. Tira sempre forte, anche quando non servirebbe
Lo starter
Per il Napoli di Spalletti, la partita a Roma contro la Lazio è stata come una gara olimpica di velocità cominciata ad handicap. Il gol di Zaccagni dopo pochi secondi ha assegnato dieci o quindici metri dì penalità iniziale agli azzurri, che poi hanno impiegato circa mezz’ora per riprendersi, per prepararsi, per studiare il campo di gara, per compiere tutti quei rituali – utili o anche solo di pura scaramanzia – che fanno gli sprinter mentre la telecamera li passa in rassegna sulla griglia di partenza. Prima che lo starter, l’uomo con la pistola, dia il via alla corsa.
Nel caso del Napoli visto a Roma contro la Lazio, lo starter, l’uomo con la pistola, ha avuto le fattezze e la faccia un po’ infantile di Khvicha Kvaratskhelia. Lo sparo è avvenuto al minuto numero 34’, quando l’esterno georgiano ha confezionato – praticamente da solo – la prima occasione da gol degli azzurri. Ogni gesto di quest’azione, che vedete sotto, è molto significativo: il contrasto portato in maniera veemente con un giocatore estremamente robusto come Sergei Milinkovic-Savic; la vittoria in quello scontro fisico; la progressione veloce palla al piede che punta diritta verso la porta di Provedel, senza nemmeno accarezzare la possibilità alternativa dell’assist, dello scambio con i compagni; il dribbling a rientrare per aprire lo specchio della porta; il tiro come unica soluzione possibile, anche se alla fine l’esecuzione è masticata, anzi strozzata, e il pallone viene bloccato facilmente dal portiere della Lazio.
Bum
La suggestione-metafora di Kvaratskhelia come starter, come uomo con la pistola, resta quello che è: una suggestione-metafora, appunto. Ma poi diventa realtà tangibile grazie ai numeri, alle evidenze degli highlights: dopo l’azione di cui abbiamo parlato, il Napoli ha costruito 14 azioni terminate con un tiro in meno di mezz’ora di gioco. In tutte queste manovre, Kvicha Kvaratskhelia ha avuto un ruolo centrale, anzi da protagonista: il georgiano ha accumulato 2 dribbling riusciti, 2 passaggi chiave, addirittura 5 conclusioni verso la porta avversaria.
Oltre i numeri
Questi sono i numeri, che già da soli sarebbero impressionanti o comunque importanti. Poi ci sono i momenti, le azioni in sé, quello che fa Kvaratskhelia con il pallone tra i piedi ma anche senza: pochi istanti dopo il recupero palla su Milinkovic-Savic e la progressione che abbiamo già visto, il georgiano va quasi a spaccare il palo alla destra di Provedel. Succede tutto molto rapidamente: il Napoli imposta da dietro con la disposizione classica del 4-3-3, Kim apre su Mário Rui che dà ampiezza sulla fascia sinistra, nel frattempo Kvaratskhelia ha stretto la sua posizione verso il centro, così da occupare lo spazio lasciato libero dall’arretramento di Zielinski. Questa intuizione tattica apre un mondo all’esterno georgiano, e lui questo mondo se lo prende tutto. A modo suo:
Qualità esplosiva
Questa che vediamo appena sopra è un’azione diversa, eppure è concettualmente vicina a quella del primo tiro scoccato da Kvaratskhelia. Al di là della veronica o ruleta, una soluzione esteticamente accecante ma puramente funzionale per liberarsi del suo avversario diretto, la similitudine è di tipo mentale, nel senso che è una similitudine di scelta: Kvaratskhelia non valuta quali potrebbero essere tutte le possibilità a sua disposizione, forse non le guarda nemmeno. E alla fine conclude la giocata proprio come l’aveva immaginata all’inizio. Con un tiro.
La differenza, rispetto all’azione precedente, non sta nella posizione – decisamente più arretrata – da cui parte questo tiro, ma anche nella sua esecuzione: forte, fortissima, si può dire anche violenta e travolgente. La palla viaggia velocissima, Provedel arriva a coprire lo spazio che può coprire quando la sfera si è già stampata sul palo alla sua destra.
Ecco, questa è una caratteristica di Kvicha Kvaratskhelia: l’esterno georgiano tira sempre forte. Il gol a giro e anche quello di sinistro in diagonale contro il Monza, il tiro smozzicato di cui abbiamo già parlato, quelli di cui parleremo tra poco: tutte le sue conclusioni nascono potenti, a prescindere dalla traiettoria, dal giro o dall’effetto dato al pallone, dal fatto che finiscano per essere intercettate o meno dal portiere avversario. Probabilmente Kvaratskhelia vuole evitare proprio questo: che i suoi tiri vengano bloccati. O respinti. E allora li scocca forte, prima di tutto. Poi prova a metterci anche la precisione. Non sempre riesce a coniugare entrambi gli aspetti. Altre volte, però, questa capacità risulta decisiva. Teniamola buona, questa nozione.
Qualità pura
Il Napoli pareggia – con Kim Min-jae – pochi istanti dopo il palo di Kvaratskhelia, e nella ripresa ricomincia a martellare sulla Lazio esattamente come nel finale del primo tempo. Al minuto 47 Kvaratskhelia è perfetto nell’inserirsi negli spazi aperti da un’azione a convergere di Politano e da un taglio di Osimhen, ma il suo controllo non è perfetto, così Provedel può uscirgli sui piedi e disinnescare un altro tiro piuttosto potente. Anche quest’azione è come uno sparo in aria, ovvero dà al Napoli la forza per continuare a spingere, a insistere, a infierire su una Lazio che non sembra avere le risorse per reagire.
È qui, in questo punto, che Kvicha Kvaratskhelia si prende di nuovo la squadra sulle spalle. Ed è come se la convertisse al suo ritmo, dandole l’anima del suo gioco: un’anima elettrica, istintiva, muscolare, ma anche imbevuta di qualità. Lo si capisce a cavallo tra il minuto 48 e il minuto 50, in due azioni che restituiscono l’esatta forza motrice dell’esterno georgiano. Questa è la prima:
Un cross perfetto, e tutto il resto
Da questa sequenza, intanto, vanno isolati i momenti di pressing furioso e immediato su tutti i giocatori della Lazio che entrano nel suo campo visivo: Kvaratskhelia e i suoi compagni li aggrediscono con una velocità incontrollabile, li costringono a giocare il pallone con il primo tocco o al massimo con il secondo. E poi c’è la pura qualità, che si manifesta quando il georgiano serve Zielinski con un cross meraviglioso a centro area.
Prima di quel tocco vellutato, però, Kvaratskhelia si beve Lazzari con la sua – ormai proverbiale – sterzata verso l’esterno, una giocata contro-intuitiva per un destro naturale; un attimo dopo il terzino della Lazio è di nuovo lì a sfidarlo, ma Kvicha gli toglie aderenza con un’altra finta a rientrare, stavolta per tornare sul destro; in questo modo si apre lo spazio per il cross, per scucchiaiare il pallone a centro area, solo che ha il tempo e la capacità di fare un’ennesima finta, così può alzare gli occhi e scegliere, stavolta sì, qual è la soluzione migliore. Il compagno posizionato meglio: Piotr Zielinski.
Questo cross, all’apparenza banale, è un piccolo gioiello. Perché Kvaratskhelia, pur imprigionato in una selva di gambe e di corpi, individua il giocatore da servire e gli mette il pallone esattamente sulla testa. L’aveva già fatto a Firenze, nell’ambito di una prestazione tutt’altro che dominante, anzi si può dire oscura. Paradossalmente, è questo il momento più importante nella partita dell’esterno georgiano: dimostra che c’è dell’altro oltre alla sua esuberanza, oltre alla sua irruenza, e che quindi le sue doti tecnico-balistiche possono manifestarsi anche quando non è ispirato, che può essere decisivo ai fini del risultato anche in una giornata di lune storte. È proprio questo aspetto, in fondo, a distinguere i campioni dai grandi giocatori di sistema.
Tirare forte, sempre e comunque
Pochi istanti dopo il colpo di testa di Zielinski, Osimhen colpisce il palo su un altro recupero palla in alto del Napoli. La squadra di Spalletti però non si ferma, annusa il gol, lo sente vicino, e costruisce un’altra azione pericolosissima. Questa:
Questione di millimetri
Ne avevamo parlato sopra: Kvaratskhelia tira sempre forte. Questa volta, però, esagera. Non si contiene, non riesce a dosarsi, a dosare la dinamite che ha nei piedi. L’esagerazione è quasi sempre un errore, come in questo caso: il pallone servitogli da Zielinski è precisissimo ma anche bello teso, basterebbe appoggiarlo perché finisca in porta, Provedel non potrebbe mai arrivarci. E invece Kvicha manifesta quello che a oggi è il suo unico difetto, ovvero l’incapacità di gestire in maniera saggia le sue qualità fuori scala, un’istintività calcistica che è quasi animalesca. Le mani in faccia e poi a strapparsi capelli, lo sguardo stravolto e incredulo, la reazione attonita di tutti i suoi compagni e di Spalletti sono la giusta ricompensa – al contrario – per chi deve ancora imparare a non andare oltre i limiti.
Anche se poi bastano soli pochi minuti, poco più di dieci, perché Kvicha Kvaratskhelia possa ripassare alla cassa e prendersi i soldi del conto e anche il resto. Il gol che decide la partita è un compendio di tutte le cose di cui abbiamo già parlato, di tutto ciò che ha fatto vedere finora con la maglia del Napoli: tecnica, potenza, intelligenza. È Kvaratskhelia in purezza:
Kvicha-cha-cha-cha
Sì, perché il tiro preciso eppure fortissimo che piega le mani di Provedel è un cocktail di sensibilità tecnica e forza e comprensione del gioco: solo un giocatore con grande sensibilità tecnica può riuscire a impattare la palla con quella veemenza e con quella coordinazione senza spararla in cielo, ed è andata allo stesso modo in occasione del tiro a giro contro il Monza, oppure del delicatissimo assist servito a Zielinski durante Verona-Napoli. Di forza ne abbiamo parlato finora, non c’è bisogno di aggiungere altro.
E poi c’è la comprensione del gioco: Kvaratskhelia è lì dove deve essere, a raccogliere l’assist perfetto di Anguissa, non si va a chiudere sempre e solo nella sua zolla ma esplora tutto il campo, offre ai compagni soluzioni diverse e imprevedibili per gli avversari; e poi c’è il velo evidentemente chiamato a Di Lorenzo, un presumibile urlo Mia! – magari in georgiano, o forse in inglese – che avrà spinto il capitano del Napoli a lasciar scorrere il cross basso fino al suo piede destro. Anche la capacità di prendersi certe responsabilità, in fondo, è comprensione del gioco. È consapevolezza della propria forza. Delle proprie possibilità.
Kvaratskhelia è più di una promessa
Forse è avventato, dopo sole cinque partite, parlare di Kvaratskhelia come di un fuoriclasse in sboccio. Allo stesso modo, però, cinque partite sono un campione già significativo per andare oltre alcune definizioni già superate. Kvaratskhelia, infatti, ha mostrato delle doti e una completezza – formale e sostanziale – che lo rendono più di una promessa, già ora. Certo, va detto che a Firenze e contro il Lecce non ha offerto le stesse incredibili prestazioni viste nelle altre gare; allo stesso modo, però, va detto che a Firenze ha messo Lozano solo davanti alla porta non appena ne ha avuto l’occasione; e che contro il Lecce è entrato solo nel secondo tempo.
Il fatto che Kvaratskhelia abbia avuto questo tipo di impatto contro Verona, Monza e – soprattutto – Lazio e la sua capacità di essere decisivo differenziando il gioco, facendolo detonare oppure rifinendolo con il cesello, lo rendono un giocatore unico nell’organico del Napoli, ma anche nel contesto della Serie A. Lo elevano già ora a uno status decisamente superiore rispetto a quello di un mese fa. E con lui, grazie a lui, anche la squadra di Spalletti è risalita nelle griglie di gradimento di analisti e opinionisti.
L’allenatore del Napoli si ritrova tra le mani una gemma già piuttosto sgrezzata, un talento che andrà solo smussato e arrotondato nei suoi angoli più spigolosi, così che possa essere decisivo in maniera sempre più costante, sempre meno intermittente. E a qualsiasi livello. Ecco, in questo senso la gara di Champions – e che gara, contro il Liverpool – che si prospetta all’orizzonte sarà una prova intercorso davvero interessante per Kvicha Kvaratskhelia: è in occasioni del genere che deve dimostrare di essere quel che ambisce evidentemente a essere, ovvero un giocatore dalla dimensione internazionale e non locale, ancora giovane ma già in grado di fare la differenza non appena ne ha la possibilità. Le promesse e anche le premesse, lo abbiamo detto e dimostrato in questo articolo, ci sono proprio tutte.