La Gazzetta analizza la discontinuità tattica con la Germania. Addio al doppio play. Quel modello è andato in crisi, Jorginho il suo simbolo
Anche in Nazionale sta tornando il caro, vecchio contropiede? È presto per dirlo ma i segnali ci sono. È quel che scrive la Gazzetta all’indomani dell’1-1 contro la Germania in Nations League. Il quotidiano resta cauto anche perché la formazione di Mancini è stata fortemente dettata dalle necessità visto che in Nazionale c’è stata la diaspora.
Scrive però Licari che la
“vecchia” Italia oggi non si vede. E non è detto che torni. Non ci sono Jorginho e Verratti a interpretare il doppio play. Non si vedono “possesso palleggiato”, 800 tocchi a partita, 3-2-5 in fase d’attacco, l’esterno-ala che squilibra le difese. Quella era la Nazionale più offensiva e dominante degli ultimi decenni.
Scrive la Gazza:
Segni particolari: possesso medio del 53%, 793 palloni (e quasi 600 passaggi), 28 tocchi nell’area avversaria. Con Lewandowski poteva segnare cinque gol a partita, ma segnavano tutti.
Il quotidiano ricorda i dati nelle qualificazioni mondiali: possesso al 70%, 840 palloni, 664 passaggi, 33 tocchi in area.
Poi, però, è sopraggiunta la crisi. E il simbolo di questa crisi è stato incarnato da Jorginho.
Qualcosa comincia a incepparsi. Manovra meno fluida, attacco impreciso e macchinoso, soprattutto l’incapacità di risolvere qualsiasi situazione come succedeva prima. Tre pari con Svizzera (2) e Bulgaria, il ko con la Macedonia, sfortunato sì, ma figlio dell’incapacità di ragionare. È come se i pilastri fossero crollati all’improvviso, cominciando da Jorginho, da manifesto dell’”Idea” a simbolo della caduta. Anche Mancini pare meno ispirato nelle formazioni, meno pronto nelle letture.
E così, dopo la disfatta contro l’Argentina, si è passati al modello adottato contro la Germania.
Il dato aggregato di questi due match è però all’opposto del passato: possesso al 38%, appena 520 palloni e 361 passaggi, solo 10 tocchi in area. Non solo: contro i tedeschi il trend è più chiaro. Come se Mancini, preso atto dell’impossibilità di replicare quel modello, si stia indirizzando verso un nuovo sistema. Una nuova Italia. Anche tatticamente.