Gli acquisti più riusciti sono quelli “vecchi” e non venduti ancora. I nuovi sono timidi e impacciati. Quella di Empoli è una lezione su come si fa a perdere
Confermato. Il Napoli non è attrezzato per vincere lo scudetto. Hai voglia di provarci. Mancano le infrastrutture, la fortuna e i giocatori adatti allo scopo. Inutile illudersi. Perché sul più bello c’è sempre l’ennesima stecca d’autore, condita da veleni e dal solito ritiro, punitivo o rigenerante a seconda dei gusti.
In fondo, però, l’obiettivo della Champions sembra centrato. Questo poteva fare il Napoli e questo ha fatto. Altre squadre di alta classifica giocano e comprano. Hanno cantieri aperti e meno punti, ma non ne fanno tragedie. E il “Ciuccio” che tale resta quando si tratta di diventare un cavallo?
L’ultima luce con l’Atalanta. Poi, il buio oltre la siepe di prestazioni indecifrabili, con relativi veleni, antipatici ritiri e pranzi confessionali. Siamo al Verona bis. Lo spallettismo doveva esserne l’antidoto. Senza riuscirci, come s’è visto. E, tanto per non farci mancare niente, mister Luciano ha sfoderato il peggio del suo repertorio: sostituzioni modaiole, via dal campo i migliori e partita nelle mani dei rincalzi mosci e spaesati.
Una débacle storica quella di Empoli (speriamo per il Sassuolo). Non una semplice sconfitta, ma una lezione su come si fa a perdere una partita vinta, con l’aggravante della contumacia in campo di mezza squadra (assente anche quando si trattava di festeggiare sotto la curva i due piccoletti, particolare sfuggito a molti).
Ma rimanendo sul piano tecnico, non si tratta di incolpare l’uno o l’altro dei calciatori o uno Spalletti spaesato, ma la qualità complessiva della squadra. Non si può certo imputare a Mertens che a quarant’anni sniffa il gol come pochi, e a Insigne che in partenza per Toronto ci teneva a lasciare Napoli versando lacrime napulitane.
I bene informati (?) del calcio mercato hanno fin dall’inizio decritto la rosa del Napoli come ottima e abbondante. Numerosa sì, ma in quanto a personalità, non all’altezza delle aspettative, soprattutto nel centrocampo. Quando Spalletti, con le cinque sostituzioni, cambia mezza squadra, appellandosi alla panchina, gli viene fuori una formazione in campo buona al massimo per il quinto o sesto posto, salvo ammutinamenti.
Cosa paradossale, gli acquisti più riusciti sono quelli “vecchi” e non venduti ancora, mentre i nuovi, a partire dal gaffeur Meret e dal blocco di centrocampo, sono timidi e impacciati. Deludenti.
La verità è che tutti, nel loro piccolo e come squadra, devono imparare una cosa: come si fa a vincere.