Nessuno si aspettava questo crollo, Spalletti e Adl convinti che serva un confronto schietto, tirando fuori anche qualche rospo
Mettiamola così: meglio rimediare a un errore che perseverare. La sconfitta di Empoli, per la sconfitta in sé e soprattutto per il modo in cui è maturata, ha spiazzato il Napoli. Tutto il Napoli.
Ha spiazzato l’allenatore con Spalletti che in tv e in conferenza stampa si è assunto la piena responsabilità del tracollo ma non è riuscito a nascondere la propria meraviglia per i dieci minuti finali. Frasi come “Prendo atto di quello che è accaduto” o ancora “non se ne vedono tanti di finali così” non sono passate inosservate.
Il crollo ha spiazzato De Laurentiis che fino a qualche giorno prima aveva elogiato privatamente l’allenatore di Certaldo al netto di fisiologiche frizioni che contraddistinguono tutti i rapporti di lavoro. Questa settimana sarà a Napoli, vuole seguire da vicino le sorti della squadra per capire ed evitare ulteriori ricadute. Starà vicino alla squadra tutta la settimana. Il traguardo della Champions è troppo importante per perderlo dopo averlo tenuto saldamento in pugno per tutto il campionato (in condizioni normali il distacco di nove punti sarebbe più che tranquillizzante).
Probabilmente ha spiazzato anche i calciatori che comunque erano avanti di due gol a dieci minuti dalla fine, sia pure al termine di una partita in cui certo non avevano brillato.
La grande paura si è impossessata del Napoli. Si è rivisto lo spettro di Napoli-Verona, la Champions sfumata all’ultima giornata. È questo che ha indotto la società e Spalletti a comunicare il ritiro. Con due comunicati perché il tecnico ci ha tenuto a far sapere che la decisione l’avrebbe presa comunque. Decisione che per noi è antidiluviana.
Tre comunicati in meno di 24 ore per tornare al punto di partenza non offrono l’immagine di un club dalle idee chiare. Ma è anche inutile negarlo. Lo sbandamento del club c’è stato. Il Napoli non si aspettava questa flessione. Spalletti credeva fermamente nella possibilità di vincere il campionato o quantomeno di competere fino all’ultimo per vincere il campionato.
E francamente è grottesco attribuire il crollo alle sostituzioni. In condizioni normali se pure il Napoli avesse giocato in nove, non avrebbe subito quei gol. Quindi i cambi non c’entrano niente.
L’immagine di un club impaurito e spiazzato corrisponde alla realtà. Poi, ci sarà da approfondire le motivazioni di quel che è accaduto. Il Napoli, come noi abbiamo scritto fino alla noia, ha provato a tenere capre e cavoli, non è avvenuto alcun repulisti dopo l’ammutinamento (se non la cacciata di Ancelotti che però non si ammutinò). De Laurentiis al fondo è un conservatore, non ama le rivoluzioni, preferisce non cambiare e se proprio deve farlo è meglio adottare la politica dei piccoli passi. Per cui ci siamo ritrovati, due anni e mezzo dopo, ancora con i senatori Insigne e Mertens contrari al ritiro. Chi va per questi mari…
Spalletti e De Laurentiis sono convinti che questo gruppo debba parlarsi, confrontarsi in maniera schietta, tirando fuori magari anche qualche rospo. Era già avvenuto con Gattuso. C’è da preparare la partita di sabato contro il Sassuolo. Mancano ancora quattro punti (o cinque, dipende da cosa farà la Fiorentina mercoledì nello spareggio con l’Udinese) per la matematica qualificazione. Anche se difficilmente Roma e Fiorentina (che hanno anche lo scontro diretto) faranno punteggio pieno.