“C’è qualcosa di primordiale nelle interviste alle Olimpiadi, come un vincitore di triathlon che taglia il traguardo e poi festeggia vomitando ovunque”
Glie l’avessero detto a Adam Peaty – uno che non perde un 50 rana da tipo sette anni, primatista del mondo anche nei 100 eccetera eccetera – che avrebbe fatto parlare più il suo doppio “fucking” detto a caldo in diretta tv che la sua medaglia d’oro, ne avrebbe approfittato anche prima, visto il tipo. Ma intanto i media hanno ribattezzato il nuotatore “l’eroe dell’F-bombs”. E il Telegraph ha scritto un editoriale per celebrare questa spigliata volgarità, “antidoto al piattume delle interviste dei calciatori”.
Peaty si era anche scusato nell’immediato: ne ha detti tre di fila, incontenibile. e così ha fatto la nuotatrice australiana Kaylee McKeown dopo aver vinto la finale dei 100 metri dorso femminili. Ma non è solo la libertà di parolaccia che il Telegraph ammira.
“C’è qualcosa di primordiale in un’intervista emotiva alle Olimpiadi, come un vincitore di triathlon che taglia il traguardo e poi festeggia vomitando ovunque. Così diverso dalla stanca processione di cliché negli sport più familiari, dove i praticanti sembrano addestrati a non mostrare un centimetro della loro vita. Nessuno sa esattamente cosa comporti questo allenamento ai media. Mi vengono in mente le immagini di insegnanti su sparvieri che sottolineano pazientemente luoghi comuni su una lavagna, una parola alla volta: “La – luna – è – bella”. Di certo nel calcio le interviste post-partita sono ormai una farsa.
“Speriamo di vedere molti più Peaty, McKeown e Muhammad”.