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Una domenica al Museo di Capodimonte praticamente da soli: noi, il Caravaggio e il Canova

Una domenica al Museo di Capodimonte praticamente da soli: noi, il Caravaggio e il Canova

Se una domenica di inverno…due viaggiatori

Biglietti di ingresso acquistati “on line” – per evitare le code -, sommarie informazioni sui quadri presenti prese la sera prima, ricerca nei ricordi di una visita fatta 25 anni or sono mano nella mano con il papà…e via con mia moglie verso Napoli. Una giornata di cultura e sport, tra Capodimonte e il palazzetto dello sport, nel pomeriggio, per vedere i ragazzi del basket. 

Il parco di Capodimonte alle 12 brulica di gente, nonostante i pochi gradi sopra lo zero ed il vento freddo: bimbi, cani e padroni che fanno jogging, appassionati di fitness che approfittano dei prati ben rasati; una sensazione di serenità domenicale, in fondo quello che ci aspettavamo.

L’ingresso deserto, due ragazze all’ingresso, poi le scale e solo il rumore dei nostri passi: il vuoto intorno a noi. Il primo piano si apre davanti a noi con i suoi capolavori: ne godiamo sì e no in 10/15 persone. Sono questi i visitatori che incontriamo nei meravigliosi ambienti del palazzo. Il museo mi sembra messo meglio di tanti anni fa, le sale più accoglienti che nella mia memoria, temperatura accogliente: insomma tutto pronto per il gran ballo ma mancano gli invitati. Un custode, cortese, mi dice che la prima domenica del mese c’è un numero incredibile di visitatori, incuriosito chiedo dettagli: mi risponde “4000 ingressi”. Non ho il coraggio di fargli notare che la cifra, per quanto importante, non è clamorosa (e se non sbaglio la prima domenica del mese l’ingresso nei musei è gratuito). Ma apprezzo la cortesia e proseguiamo nelle sale dei due piani visitabili. È inutile enumerare le opere meravigliose lasciate da Tiziano, Battistello Caracciolo, Canova, le porcellane di Capodimonte, gli arazzi meravigliosi e così via: basti sapere, ed è bene che tutti lo sappiano, che questi capolavori sono nel cuore di Napoli, in un posto unico e meraviglioso, forse mal collegato, ma unico al mondo.

L’assenza di turisti, per quanto triste, ci ha permesso di godere indisturbati, della “Flagellazione di Cristo” del Caravaggio esposto al secondo piano del palazzo: capolavoro assoluto che gode di un luogo espositivo riservato, illuminato (contrariamente a tante opere del museo) in modo perfetto per valorizzarne la visione. Non penso che ci capiterà mai più di ammirare i dettagli di un simile capolavoro tanto a lungo, così vicino e in un silenzio perfetto. 

Le sensazioni delle nostre quattro ore a capodimonte sono variegate: da un lato c’è l’emozione per aver vissuto una visita “privata” in un luogo tanto meraviglioso. Dall’altro c’è la consapevolezza che questa “solitudine” non è assolutamente un fatto positivo e deve far riflettere ed agire.

Leggevo l’intervista al direttore del museo, Bellenger, cui vanno i miei migliori auguri: non ha un compito facile, non tanto per le condizioni della struttura – che non mi ha fatto una impressione così negativa – quanto per la necessità di far conoscere una realtà tanto importante. Abbiamo un Tesoro artistico immenso conservato in un altro Tesoro che è la Reggia: siamo nel cuore della città, di una città meravigliosa, ed è necessario che anche Capodimonte abbia la notorietà che merita e non solo tra gli addetti ai lavori.

Queste poche righe vogliono solo sommessamente ricordare a tutti che quei tesori che noi siamo pronti a rincorrere a prezzo di file chilometriche a Firenze o Parigi li abbiamo a portata di mano, ad un passo dal centro della nostra città. Spesso diventiamo turisti solo quando abbandoniamo Napoli per un viaggio o per ragioni di vita. 

Iniziamo, da oggi, a riscoprire le nostre ricchezze, figlie di un patrimonio culturale e storico che ha radici profonde e radicate, patrimonio da preservare e far conoscere meglio e sempre di più ai napoletani di oggi e di domani, ed a tutti quei turisti che verranno a godere delle nostre bellezze.
Pepito Sbazzeguti

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