Paolo Tortora, 65 anni, esprime preoccupazione per molti dei suoi pazienti oncologici o cardiopatici che non riescono a fare controlli e analisi a causa della pandemia
Il Corriere del Mezzogiorno riporta oggi le parole di Paolo Tortora, sessantacinque anni, fa il medico di base con più di 1500 assistiti che gli garantiscono uno stipendio di circa 6mila euro al mese, ma ne cederebbe volentieri una parte ad un giovane collega, se potesse.
Se si vuole davvero fare il proprio lavoro e assistere i propri pazienti in questo periodi di emergenza sanitaria, non esistono orari. I ritmi di lavoro, anche fuori dagli ospedali non conoscono sosta
«Siamo tenuti a garantire un minimo di quindici ore settimanali. Noi tra lunedì e martedì ne abbiamo già totalizzate diciotto»
I suoi pazienti covid non sono tanti al momento
«In questo momento ne ho in cura tre che vivono nello stesso appartamento. Sintomatici. Li visito a domicilio. Poi ho una ventina di asintomatici che monitoro telefonicamente»
Ma servirebbero altri medici di base o almeno infermieri per aiutare nelle visite domiciliari, la speranza è che la situazione non peggiori, ma il sistema non funziona correttamente, ad esempio i medici di base non vengono sottoposti a screening con dei tamponi costanti
«Mi hanno convocato una volta in primavera, non ricordo se a maggio o a giugno. Da allora mai più»
Il Covid spaventa,ma la situazione che si sta venendo a creare è quella che si cercava di evitare fin dal principio, con l’espandersi dell’epidemia ogni prestazione medica è diventata più complessa e non si muore purtroppo solo di covis
«Le notizie che ricevo dai miei assistiti oncologici, cardiopatici, affetti da insufficienza renale, diabetici impossibilitati ad ottenere un esame in tempi accettabili in una struttura pubblica. Non si muore solo di Covid».