Appesi a test e tamponi, non si sa mai chi gioca e se si gioca. Il Napoli resta in attesa di sapere se sarà costretta a rischiare il contagio contro una squadra-focolaio
A dispetto dei facili giochi di parole – l’ASL Alkmaar – e delle sottilissime ironie sul 3-0 a tavolino che il Napoli potrebbe rivendicare in Europa League se gli olandesi non calassero al San Paolo con tutti i loro 14 positivi, tocca accettare l’ineluttabilità della nuova realtà: si disputi o meno questa partita il nuovo calcio (non) funziona così. Si gioca, non si gioca, forse sì, forse no. Un destino continuamente appeso ai tamponi, ai test, alle quarantene. A fare i conti della serva per vedere se ci sono 11 giocatori sani, manco fosse il calcetto tra colleghi del lunedì sera, peraltro ora vietato.
Il Napoli per contrappasso è costretto di nuovo a fare da marker, in un sistema che non sa dove va e comunque ci va bendato. Il Napoli potenziale focolaio non è partito per Torino, onde evitare – per dettato istituzionale – di esportare il virus viaggiando e giocando contro un’altra squadra. Ora invece è lì che aspetta – con tutti i suoi tamponi negativi – una squadra olandese che è già ufficialmente un cluster. Il Napoli è la Juve di qualche settimana fa, lo possiamo dire. In attesa che l’Uefa decida se rinviare o meno la prima partita del girone di coppa. Ma sarà costretta, nel caso, a scendere in campo. A rischiare il contagio.
Per rendere più gustosi i prossimi giorni potrebbe paradossalmente rifiutarsi di giocarla, per timore. Umanamente comprensibile, in un momento in cui la quotidianità delle persone normali rimbalza tra terapie intensive e coprifuochi. Ritrovandosi magari con una partita persa d’ufficio in campionato, e un’altra in Europa League. Una volta per senso di responsabilità, negli scomodi panni del potenziale untore, e un’altra per paura di ripiombare nell’incubo Covid, da vittima sacrificale di un’organizzazione che ha già dimostrato in passato di non farsi molte remore a tirare dritti.
L’Uefa, perché la sorte ha un senso killer dell’ironia, ha sentenziato che il match si giocherà. A meno che non intervengano le autorità locali. Sì, è un dejavu. Se le hanno, in Olanda, decideranno le Asl.
Non accadrà. Ma non è questo il punto. Il punto è il gradimento che questo congegno rabberciato pensa di poter continuare a pretendere. Il calcio ha deciso di andare avanti nonostante tutto, nell’illusione di riuscire a contrabbandarsi come bene di prima necessità. Un trucco. Ha scelto di fare finta di niente, di far viaggiare i nazionali, e i club impegnati nelle coppe europee. S’è dato dei paletti – il famoso protocollo Uefa, per il quale se hai 13 effettivi e un portiere puoi, anzi devi, giocare e basta – e un recinto morale entro il quale il mondo è rimasto quello salubre d’un tempo, un sogno asettico che garantisce lo svolgimento delle competizioni com’era una volta. Ma è una favola, appunto.
Nella realtà, per sapere se il Napoli giocherà un primo turno di un girone di Europa League, bisogna passare un pomeriggio a scandagliare i quotidiani olandesi alla ricerca di notizie sul quadro epidemico dell’AZ Alkmaar. Scoprendo tra l’altro che in Olanda Ciro Borriello, l’assessore allo Sport del Comune di Napoli, è una specie di celebrità, l’hanno sbattuto in prima pagina perché ha chiesto prima di tutti il rinvio della partita. Ha un senso questa “pazziella”?
Juventus-Napoli non è stato un episodio, come hanno tentato di farlo passare. E’ – sarà sempre di più – un iceberg su cui il calcio misurerà la sua tenuta. Ci saranno altri cortocircuiti, altre crepe sempre più slabbrate. Il Napoli si ritrova invischiato nel pantano regolamentare per la seconda volta, ma è un caso.
Non è un caso che questa impasse rispunti al primo appuntamento del calendario europeo. Capiterà sempre più spesso, e ci diremo ad un punto di svolta senza svoltare mai. Niente è precluso alla fantasia della grande industria del pallone. Arriveranno ad organizzare delle formazioni di riservisti, seconde linee pronte a tutto, magari già immuni, da schierare nelle partite più a rischio.
La metafora bellica ha stancato un po’, è vero. Ma qui siamo alle battaglie da cameretta, giocate coi soldatini.