Al Corriere dello Sport (dove lavora) la lettera del figlio del giornalista scomparso ieri: «Papà amava le imprese sportive, parlava di sport non di lavoro»
“In tutti questi anni non abbiamo mai parlato di lavoro ma sempre e solo di sport”.
Paolo de Laurentiis è il figlio del grande Gianfranco, volto amatissimo della Rai scomparso ieri. Ne ha seguito le orme da giornalista sportivo e sul Corriere dello Sport scrive una bellissima e delicata lettera di addio al papà.
Quando il giornalismo sportivo in tv era scuola di giornalismo, abbiamo scritto ieri dandone notizia. Poche parole asciutte perché troppe se ne potrebbero scrivere. Le migliori le ha trovate il figlio.
“Il lavoro, il nostro lavoro, alla fine è stato una scusa per vivere dentro un mondo straordinario, unico, dove chi vince vince e chi perde fa i complimenti all’avversario. Puoi viverlo come atleta, allenatore, dirigente e anche giornalista, scegliendo di raccontarlo. Papà amava questo: le imprese sportive”.
“Da lui non ho mai avuto una lezione di giornalismo. Oggi, da genitore di due ragazzi adolescenti che stanno trovando il loro posto nel mondo, posso dire che è stato il più grande regalo che potesse farmi. Mi ha dato la libertà. Di sbagliare, riprovare, e alla fine decidere cosa fare nella vita («Pensaci tu, tutti i lavori sono nobili se fatti bene») e nel momento in cui ho scelto la sua stessa strada non me l’ha mai fatto pesare. Si è fidato, io sapevo che si fidava e che comunque era lì. Ma forse sapeva anche che mi sarebbe bastato osservare lui per capire cosa era giusto e cosa no, come trattare un argomento piuttosto che un altro”.
Paolo de Laurentiis racconta il “signore” che oggi tutti i colleghi ricordano, e che traspariva anche dalla tv. Dove raccoglieva toni e compostezza per narrare lo sport con un modo ormai complicatissimo da ritrovare. La retorica non gli si addiceva.
“E’ rimasto fino alla fine figlio del suo tempo: non un account social o un profilo facebook. Tanti giornali e ovviamente la tv. Entrare ieri notte nel suo studio, dove dal giorno del ricovero le copie del Corriere della Sera e del Corriere dello Sport stavano crescendo sulla scrivania in attesa di un ritorno a casa che non c’è mai stato, è stato un viaggio nel tempo: la cartellina con la classifica di serie A, un vecchio cronometro con una sola lancetta, gli almanacchi, ritagli messi da parte, qualche pezzo o titolo sottolineato, le collezione della Tribuna Illustrata. Continuava a seguire il suo mondo, a tenersi aggiornato, orgogliosamente in pensione”.
Orgogliosamente fedele ad un patto tra le generazioni intimamente rispettato: «Se esiste un patto tra generazioni, io sono quello che lo rispetta. Ho lavorato, ho fatto quello che dovevo e volevo, ora tocca a voi e poi ai vostri figli. Fra le tante cose che posso fare non può esserci quella di togliere spazio alle generazioni successive».
“Saper apprezzare le scelte gratuite, quelle che nessuno ti obbliga a fare, è un’altra delle cose che porterò con me. Come il suo unico, vero, grande consiglio: «La cultura non è sapere le cose ma sapere dove trovarle»“.