Lo scontro è sulla quarantena soft disposta dal protocollo. La Asl di Napoli non ritiene che ci siano gli estremi per la quarantena soft. Il caso Genoa
La Gazzetta dedica una pagina allo scontro tra leggi dello Stato, in questo caso tra protocollo Figc (approvato col ministero della Salute) e Regioni. A proposito del Napoli che non è partito per Torino per giocare contro la Juventus, ovviamente. Ecco quanto scrive:
Nel protocollo Figc, si fissa un confine sull’applicazione delle regole: “In accordo con le Autorità Sanitarie e Governative, la tipologia dei test e la periodicità degli accertamenti cui sottoporre il Gruppo Squadra potranno subire variazioni rispetto a quanto in vigore». In pratica, è l’Autorità sanitaria che può decidere sia sui provvedimenti da prendere, sia sul numero dei tamponi, sia sulle modalità di isolamento. Quando c’è un positivo, i club contattano la Asl di riferimento e si attengono alle sue disposizioni. È successo nel caso del focolaio del Genoa e sta succedendo anche a Napoli. Alle Autorità sanitarie spettano le disposizioni sulla sanificazione degli ambienti (centri di allenamento) dopo il caso o i casi di positività.
Aggiunge che
Il caso Genoa ha cambiato queste prassi vista la dimensione del focolaio e a Napoli è successo qualcosa di simile.
Tutto ruota intorno alla circolare del ministero della Salute del 18/6/2020. Si tratta della “fonte” che fa sponda con le decisioni del Cts e il suo sì al protocollo del calcio. (…) In questo modo si è impedito che la A ricominciasse con la spada di Damocle del “fermi tutti” in caso di positività. Mandare in quarantena i gruppi squadra avrebbe esso a rischio al primo positivo tutto il sistema. La circolare ha invece approvato la quarantena soft. Lo scontro di versioni sul rinvio di Juve-Napoli si concentra su questo: la comunicazione ASL fa riferimento alla circolare del 18 giugno, ma non ritiene evidentemente che ci siano gli estremi per la quarantena soft.