NAPOLI – Daniele De Santis, l’estremista di destra ex ultrà della Roma accusato di omicidio al processo per l’assassinio di Ciro Esposito, non sarebbe stato solo nelle fasi dell’attacco al pullman dei tifosi napoletani di poco precedente al ferimento mortale del giovane supporter partenopeo.
Stando a quanto riferito in aula da Diego Parente, ex dirigente della Digos, ascoltato oggi al processo in corso a Roma, sarebbe infatti «emersa la possibilità che ci fossero altre tre persone travisate» che, pur «non avendo avuto un comportamento attivo» avrebbero «spalleggiato De Santis». Le stesse tre persone che, ha aggiunto il testimone rispondendo alle domande dei pm Eugenio Albamonte e Antonino di Maio, «stando a fonti confidenziali» sarebbero state sottoposte a «una sorta di processo da parte del tifo organizzato romanista». Una specie di grottesco tribunale con il quale gli ultrà giallorossi avrebbero cercato di verificare perché «chi era con De Santis non lo aveva spalleggiato a dovere».
Una tesi, questa della possibile presenza di altri tre romanisti sul luogo degli incidenti che avrebbe poi portato al ritrovamento di un k-way e di un mazzo di chiavi in un campo incolto, situato nei pressi del Ciak Village, che sarebbe servito da via di fuga per i tre fiancheggiatori di De Santis.
A sostegno di questa ipotesi, inoltre, ci sarebbe la testimonianza di un militare che, dalla sua postazione nella caserma dei carabinieri a cavallo (nelle immediate vicinanze del Ciak Village) avrebbe visto un gruppetto di persone allontanarsi. Attraverso lo stesso campo, i tre sarebbero poi arrivati sulla tangenziale, all’altezza del viadotto Fleming. Zona, quest’ultima, già in passato teatro di agguati e scontri tra tifosi. In effetti altri tifosi romanisti vicini a De Santis erano già stati identificati e ascoltati nei mesi immediatamente successivi al ferimento mortale di Esposito. (Omninapoli)