Al Corsera spiega: «Siamo nella fase di sorveglianza e non più in emergenza. Quello che conta sono i numeri in terapia intensiva che sono bassi»
L’autunno non sarà per forza sinonimo di seconda ondata, lo dice al Corriere della Sera il professor Remuzzi direttore dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs
«La fase epidemica in Italia è sostanzialmente finita. Il che non vuol dire che non ce ne sarà un’altra, ma che è improprio parlare di seconda ondata».
Non siamo più nella fase dell’emergenza dunque, ma in quella della sorveglianza e non deve spaventare il numero dei contagi rilevati
«Più ne cerchiamo, più ne troviamo. Mi sembra normale. Il numero dei positivi non è una voce alla quale guardare con paura».
Perché tutta questa ansia per il numero di contagi in aumento?
«Confondiamo i contagi con la gravità della malattia. Ci spaventiamo per numeri che non significano moltissimo. Indicano solo che abbiamo sviluppato la capacità di entrare nella fase della sorveglianza, e quindi troviamo le cose laddove ci sono».
Sbagliata dunque la corsa al tampone per tutti che potrebbe solo creare ansie maggiori. L’importante è continuare a seguire le regole in maniera corretta e senza allarmismi
A quali altri numeri bisogna guardare?
«Abbiamo ottomila posti in terapia intensiva. Oggi ne sono occupati per il Covid-19 poco più di cento. Significa che al momento utilizziamo l’1,5% della nostra capacità di cure intensive».
E se i ricoveri dovessero salire?
«Ammettiamo pure che si arrivi a settemila positivi al giorno, come in Francia. Una cosa che penso potrebbe accadere. Ebbene, oggi la Francia ha 500 pazienti in terapia intensiva. Significa che noi utilizzeremmo meno del 5 per cento delle nostre risorse. Ecco, non bisogna farsi prendere dall’emotività. Questa non è una partita di calcio».