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Padellaro sul Fatto spiega perché a Roma (ma vale anche per Napoli) non vinceranno mai niente

Padellaro sul Fatto spiega perché a Roma (ma vale anche per Napoli) non vinceranno mai niente

Ho fatto un sogno, ho avuto un incubo: il nuovo stadio non si costruisce più e l’amerikano James Pallotta mette in vendita la Roma. Comprata per quattro soldi da una cordata di imprenditori “romani e romanisti”, con un facoltoso straccivendolo di Prati (di sospetta lazialità) come azionista di riferimento. Seguono iniziative “popolari”, tipo colletta del Sistina e ritorna la “Roma testaccina” che si batte al Flaminio per un posto in Mitropa Cup (non esiste più ma gli incubi sono senza tempo). Mi sveglio e leggo che in Campidoglio l’assessore all’Urbanistica Caudo “chiede 16 treni per l’impianto di Tor di Valle” (roba che 16 treni della Metro B non passano in un’intera giornata). Mentre l’assessore Esposito (lo juventino che canta “Roma merda”) dice che “ora ci sono altre priorità”. Dunque, stadio, bye bye. Ottimo spunto per un articolo sulle dinamiche autodistruttive applicate al calcio anche se il titolo preincubo era un filino più programmatico: perché così non vinceremo mai niente. Tutto si tiene e l’autolesionismo pure.

Domenica scorsa allOlimpico. La Roma arranca con il Sassuolo quando mezzo stadio comincia a invocare Edin Dzeko. Giusto, solo che se entra il bosniaco esce Francesco Totti, il monumento della A. S. Roma e non soltanto. Infatti laltro mezzo stadio canta: Un Capitano, c’è solo un Capitano. Tutto e il contrario di tutto. Dio confonde chi vuole perdere, e infatti stamo a perde. Tafferugli in tribuna. Giudizi ingenerosi sullanagrafe dellex Pupone che pur tuttavia, a 39 anni, qualche minuto prima ha siglato il trecentesimo gol in carriera. Radio già scatenate: lallenatore Garcia ha sbagliato formazione e va cacciato. Osservo la mitica Curva Sud. Semivuota perché vessata dai decreti prefettizi. Sbarramenti, controlli, perquisizioni, ti fanno perfino togliere le scarpe. Con i profughi siriani la milizia ungherese si comporta sicuramente meglio.

Immagino un viaggiatore giallorosso giunto, per dire, dallAlaska. Tre giorni prima, allaltezza del Raccordo gli sono giunti echi del glorioso pareggio con il Barcellona, per non parlare della vittoria sugli odiati bianconeri. Squadra perfetta. Tattica azzeccata. Complimenti a Garcia. Vinceremo, vinceremo il tricolorE Florenzi bello de nonna, con quel gol sul tetto del mondo. Ma quando il nostro viaggiatore si affaccia sul prato dellOlimpico, intorno è solo desolazione e pianto.

Questi sono pazzi, meglio fare dietrofront, penserà il tapino.

Scrivo queste righe prima della partita con la Sampdoria ma non mi è difficile prevedere la possibile titolazione sulla stampa della Capitale. La Roma vince: Garcia respira ma resta sotto esame. La Roma pareggia: Garcia sulla graticola. La Roma perde: Garcia in bilico, pronti Montella, Spalletti o Mazzarri. Comunque, Garcia anche se resta, è andato (eppure solo due anni fa si celebrava la sua autobiografia con accenti degni del De Bello Gallico). Idea per un breve saggio psichiatrico: Fuga da Trigoria. Fabio Capello vince un rarissimo scudetto, la plebe lo accusa di averne persi altri due, scappa nottetempo direzione Juve. Cesare Prandelli scompare dopo un paio di settimane causa urgenti problemi familiari (o per le cassanate di Cassano, si sussurra). Luciano Spalletti, quattro anni alla grande ma nel quinto, dopo un paio di sconfitte, per fuggire più lesto rinuncia pure alla liquidazione. Claudio Ranieri, a un passo dallo scudetto poi dopo una strana partita a Genova (da 3 a 0 a 3 a 4) di lui in un baleno si perdono le tracce. E non parliamo di Luis Enrique, talmente sotto choc che dopo un anno di cura Roma (“Quello scemo di Errichetto”, l’epiteto più gentile) si volatilizza direzione Spagna, recupera l’equilibrio mentale e stravince tutto con i blaugrana. E l’«eroe» Zeman, in tre mesi o giù di lì diventato “quel rincoglionito del boemo” e cacciato a calci in quel posto? Non date retta a chi giu-dica i tifosi romanisti come degli umorali inadatti alle grandi mete e degni di una bacheca semivuota. O chi parla di una sorta di isteria ambientale che in qualche ora può passare dall’esaltazione alla depressione.

Roma capoccia der mondo infame (Venditti) alla fine sopporta tutto, anche il sindaco marziano, e tira a campare. Se il nuovo stadio non si fa sorridono i giornali di Caltagirone (niente niente voleva costruirlo lui?). Se Garcia smamma, è pane per i denti affilati delle radio. E se dopo due secondi posti (buttali via) e lavventura in Champions ci ritornerà indietro la Rometta, ci commuoveremo cantando: Noi non ti lasceremo mai. In fondo vincere sarà pure piacevole, ma dopo chi diavolo massacriamo?
Antonio Padellaro (tratto dal Fatto quotidiano di oggi 24 settembre)

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