Sul CorSera la relazione della Commissione regionale consegnata alla Procura di Milano. Su 900 operatori, il 65% non era sul posto di lavoro, perché in malattia o in permesso. Al 21 febbraio solo il 9% era assente perché contagiato
Sul Corriere della Sera la relazione finale della Commissione regionale su quanto accaduto al Pio Albergo Trivulzio. E’ stata istituita l’8 aprile scorso e adesso ha consegnato il documento ai pm della Procura di Milano, che indagano sui morti nella casa di riposo.
Un dato emerge inquietante: mentre la pandemia mieteva vittime tra gli anziani, su 900 operatori della struttura, il 65% non era sul posto di lavoro, perché in malattia o in permesso. La relazione recita, testualmente:
«Un livello così elevato di assenze difficilmente trova spiegazione nella diffusione del contagio tra gli operatori» da Covid-19.
La Commissione ripercorre le fasi della gestione dell’emergenza al Trivulzio. Non trovano riscontro le denunce secondo cui agli operatori sarebbe stato impartito l’ordine di non indossare i dispositivi di protezione per non spaventare gli ospiti. Ma l’assenteismo del personale salta agli occhi.
Al 21 febbraio «solo il 9%» dei lavoratori «è assente per infortunio da contagio da Covid». Il resto è a casa per altri motivi con il risultato di far scendere a 265 i presenti. Un assenteismo che ha resto difficile non solo il rispetto di regole e procedure ma gli stessi livelli di assistenza, scrive la commissione.
Che evidenzia anche un altro aspetto: quello degli scarsi tamponi sui lavoratori.
“Se nelle strutture sanitarie pubbliche in media il 40% degli operatori viene sottoposto a tampone, con il 21% di casi positivi, nel Pat la percentuale scende al 21% (16% di positivi). Il test sierologico fatto al 64% degli operatori nelle altre Rsa, con il 17% di positivi, ha invece coinvolto il 68% del personale della Baggina col 18% di positivi. La conclusione è che a un «solido e strutturato» sistema di prevenzione sulla sicurezza sul lavoro che esiste sulla carta, nel Pat non è «corrisposta una piena e adeguata applicazione di regole e procedure» di tutela dei lavoratori”.
C’è poi la questione dei malati arrivati al Trivulzio dagli ospedali. La Commissione scrive che erano «dichiarati no-Covid dalla struttura di provenienza» perché non avevano sintomi. Ma questa non era certo una garanzia di mancato contagio.
“A contribuire alla circolazione del virus hanno concorso la mancata applicazione delle misure di distanziamento; gli assembramenti di pazienti, parenti e operatori, ad esempio in sala mensa; l’incompleto/intempestivo isolamento dei casi sospetti oppure le «limitate/incoerenti informazioni» fornite ai familiari”.
I documenti analizzati dicono che l’Albergo ha gestito l’emergenza seguendo i protocolli e le raccomandazioni dell’Oms, dell’Istituto superiore di sanità e della Regione, ma che le indagini, le testimonianze e le denunce hanno evidenziato «criticità e limitazioni che meritano di essere descritte e analizzate».
Ci sono anche note positive, spiega il quotidiano.
“Come la presenza di istruzioni e presidi per l’igiene, i dispenser di gel per le mani, gli accessi dei visitatori regolamentati e la «diligenza piena di operatori e addetti all’assistenza degli ospiti»”.