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Squadra e società devono crescere per non vivere di soli ricordi

Squadra e società devono crescere per non vivere di soli ricordi
As Frosinone 10/01/2016 - campionato di calcio serie A / Frosinone-Napoli / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Maurizio Sarri-Aurelio De Laurentiis

Tra pochi giorni compirò 42 anni, classe ’74, ottima annata per il barolo (dicono). Non sono mai stato il tipo di persona che si lamenta dell’avanzare dell’età, aspettando un complimento come quelle donne un po’ vanitose che però di complimenti non ne meritano. No, non mi lamento, l’età non mi pesa, e oggi mi è ancora più lieve.

Sabato ero tra i fortunati che hanno assistito alla proclamazione di un campione, la sublimazione di un’arte, un rito laico collettivo di beatificazione. Ero lì, in tribuna Nisida, a godere del nostro Napoli e del suo Gonzalone. Le mie primavere sono più sopportabili perché da sabato mi sento un uomo più fortunato di quanto non lo sia già stato finora: ho avuto il piacere e il privilegio di assistere dal vivo alle giocate di due dei più grandi giocatori nella storia del calcio, i due più grandi approdati a Napoli, nel Napoli.

Non me ne vogliano Vojak, Sallustro, Pesaola, Cané, Krol, Diaz, Careca e Cavani: qui c’è la genuflessione obbligata, è il passaggio di un semidio del pallone in una festa di paese, altro che “vattenti”. E pazienza se è passato sotto silenzio anche il Capitano che ha raggiunto Diego con 81 gol in Serie A, ubi Gonzalo minor cessat…

Tuttavia, finito il tempo della celebrazione del risultato, siamo ad una svolta, un punto critico, una biforcazione che già ci è stata familiare in passato. È opinione condivisa (almeno da me) che negli anni di Maradona si sia vinto poco rispetto alla potenza di quella squadra, che meritava di sicuro altri numerosi successi e li avrebbe potuti raggiungere facilmente. I fattori che lo impedirono furono molteplici, di sicuro la punta dell’iceberg fu la vita sregolata e “poco da atleta” del Pibe, che – complice una colpevole debolezza del Calcio Napoli – portò a un’interruzione traumatica e drammatica della permanenza di Diego sotto il Vesuvio. Le colpe di Ferlaino sono abbastanza acclarate, non seppe gestire bene un giocattolo che avrebbe potuto offrire tanti altri anni di successi ai tifosi.

Ora abbiamo, come Calcio Napoli, la stessa possibilità davanti a noi: una squadra forte, molto forte, forse più forte di quanto il campo non abbia mostrato. Un gruppo che necessita innanzitutto di una crescita mentale e psicologica, e in seconda battuta di innesti tecnici. Le distrazioni negli anni di Diego erano le amicizie chiacchierate, i figli illegittimi, i festini a base di coca e tanto altro gossip. Oggi le sirene ammaliatrici hanno più le sembianze degli sceicchi che non delle odalische: un giorno sì e l’altro pure, orde di emissari con valigette piene di petrodollari bussano ai procuratori dei nostri pupilli e ce lo vogliono soffiare.

Ecco, se la squadra deve crescere, anche la società e il Presidente devono crescere e riuscire a rispedire al mittente le “proposte indecenti” creando finalmente il presupposto di un progetto sulle basi di una stagione che non deve rimanere eccezionalmente straordinaria, ma il benchmark per il futuro. L’anno prossimo non vinceremo la Champions League, di sicuro, ma già credere di più al campionato – ora che sappiamo il reale valore del gruppo – sarebbe un ottimo primo passo.

Sabato sera la Curva A ha chiesto al Presidente uno sforzo, legittimo, ad accompagnarci nei nostri sogni. Abbiamo avuto la fortuna di avere negli ultimi cinque anni dei giocatori incredibili lì davanti, è ora di passare all’incasso e non vivere più di soli ricordi.

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