“Per chi aspira al primo posto non è indecoroso fermarsi al secondo o al terzo”. Lo scrisse Cicerone nel suo trattato Orator. E Cicerone nacque ad Arpino, in Ciociaria, terra mediana, come il suo dialetto, dove la cosiddetta “identità provinciale frusinate” si fa ricca di mescolanze ma anche di tradizioni; e il territorio si fa apprezzare per una particolare bellezza: Arpino, Posta Fibreno, Sora, Alatri, Cassino, Ferentino, Frosinone, c’è tanto da vedere, girando tra piccoli borghi e campagne e, soprattutto, c’è tanto di buono da mangiare.
Nel territorio di Veroli è famosa l’Abbazia di Casamari, che merita una visita sia perché è tra i monumenti italiani più antichi dell’architettura gotica-cistercense, sia per la bontà delle produzioni dei laboriosi Monaci Cistercensi: dalla birra al miele, dalle marmellate ai liquori e così via. Ma l’elenco dei siti sarebbe lungo. Tra i meno conosciuti, forse, c’è il lago di Posta Fibreno, luogo incantato, con la sua piccola isola galleggiante, citata da Plinio nella sua “Naturalis historia”. Più avanti si trova Alvito con il suo centro storico e la Valle di Comino. Maggio e giugno sembrano i mesi migliori per godersi la natura di questo territorio. E per apprezzarne la vastità dei sapori. Tanti i piatti tipici, si va dai Cecapreti, al Ciammellone Morolano, poi la stracciatella, la casata, i canascioni. il peperone a cornetto dop di Pontecorvo utilizzato sott’olio, o intero immerso nell’aceto.
Per mangiare, tra ristoranti e trattorie, la scelta è ampia e più ci si addentra più i sapori sono esclusivi. Per gli amanti della cucina di ricerca, invece, ad Acuto c’è il ristorante Colline Ciociare, di Salvatore Tassa, una stella Michelin.
Lo dico espressamente ma forse lo si intuisce: a me è dispiaciuto che il Frosinone sia tornato in B. C’è comunanza e vicinanza con la comunità di questa provincia che una volta rappresentava il confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Sarebbe stato piacevole festeggiare, nell’ultima sfida di questo “strano” campionato il nostro secondo posto con la loro salvezza. L’augurio mio, personale, è che tornino presto in A.
Questo spazio è nato, grazie alla genialità de Il Napolista, un po’ anche per dimostrare che la tavola può unire ciò che il tifo divide, la passione per il cibo può mettere d’accordo tutti. In fondo, come diceva il grande Luigi Barzini junior, si è italiani non come conseguenza di una coincidenza geografica ma piuttosto per una scelta, una vocazione, un grado di maturità dello spirito. Io, per esempio, che mi ritengo un tifoso sfegatato del Napoli e che non provo nessuna simpatia per le squadre con le maglie a strisce e neanche per molte altre compagini del Nord, adoro mangiare polenta, risotto allo zafferano, piatti con Tartufo bianco di Alba e bevo con piacere Barbera o Valpolicella. Insomma, un po’ come dire: per almeno 90 minuti devono piangere, soffrire e disperarsi, schiacciati dalla furia dei nostri 11 guerrieri azzurri.
Poi, però, prima e dopo: Edamus, bibamus, gaudeamus! E chest’è! E sempre forza Napoli!